Coronavirus, il centrodestra insoddisfatto dopo l’incontro con Conte: «Il governo ha detto no a misure drastiche». Ma fonti di Palazzo Chigi smentiscono: «Il premier non le ha escluse»

Sul tavolo l’ipotesi di nominare un commissario all’emergenza e di dire ok alla serrata di negozi ed aziende nella principale regione del Nord

Una piazza Colonna surreale, con giornalisti armati di aste, mascherine e tentativi di rispetto delle distanze di sicurezza per fronteggiare l’emergenza Coronavirus. A Palazzo Chigi oggi, 10 marzo, è il giorno del vertice del governo con le opposizioni, cominciato intorno a mezzogiorno e trenta e conclusosi poco prima delle 15. «Finalmente qualcuno ci ha ascoltato. Esco preoccupato, abbiamo portato voci di chi chiede misure drastiche subito, di chiudere tutto subito per ripartire sani. Ma la risposta è stata no. Quindi totale incertezza», dice Matteo Salvini uscendo dall’incontro, accompagnato da Giorgia Meloni da un lato e da Antonio Tajani dall’altro.


«Serrata subito, serrata ora, per non farlo tra quindici giorni quando sarà troppo tardi: se si vogliono prendere queste misure comunque farlo tra due settimane significa aiutare il contagio per prendere poi delle misure» è anche la posizione della leader di Fratelli d’Italia. Su questo il governo, dice, ha chiuso. In serata però fonti di Palazzo Chigi smentiscono che il no sia secco: «Il presidente Conte non ha escluso affatto la possibilità di adottare misure più restrittive, ove necessarie», fanno sapere dall’esecutivo. «Il Presidente Conte ha testualmente detto “Vi assicuro che il Governo continuerà a rimanere disponibile e risoluto, come sin qui ha sempre fatto, ad adottare tutte le misure necessarie a contrastare con il massimo rigore la diffusione del contagio e ad aggiornare queste misure costantemente”», si precisa anche.


Il vertice

Alla riunione, per l’esecutivo erano presenti il premier Giuseppe Conte, il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Riccardo Fraccaro, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà. Per la Lega hanno partecipato il segretario Salvini e i capigruppo Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari (quest’ultimo in teleconferenza). Per FdI al tavolo c’era la presidente Giorgia Meloni, il senatore Giovanbattista Fazzolari e il capogruppo alla Camera Francesco Lollobrigida. Per FI presenti il vice presidente Antonio Tajani e i capogruppo Maria Stella Gelmini e Annamaria Bernini. Per Noi con l’Italia-Usei, componente del gruppo Misto, presente il presidente Maurizio Lupi.

L’ipotesi serrata in Lombardia

«Esprimo sostegno pieno ai governatori, ai sindaci e ai cittadini che chiedono misure ferme, certe, sicure», dice Salvini in mattinata rinforzando l’appello della Regione Lombardia. Una richiesta avanzata in precedenza dai governatori di Lombardia e Veneto. Sul tema apre anche il viceministro dell’Economia, Stefano Buffagni. In un post prima su Twitter e poi su Facebook scrive: «Serve chiudere tutto ad esclusione dei servizi essenziali e sanitari per i quali dovremo assicurare l’intera filiera con presidi e protocolli sanitari adeguati».

Il super commissario

«Abbiamo chiesto un commissario forte per l’emergenza che abbia poteri ordinamentali. A questo Conte ha aperto alla nomina ma niente di più», spiega Giorgia Meloni che condivide con Salvini la richiesta di chiudere tutto, ma ha detto sulle misure c’è «confusione e incertezza totale».

Il parere degli esperti

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