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Dopo le scuse a Italia e Spagna, l’Europa prova a recuperare: 100 miliardi contro la disoccupazione, l’Olanda apre al Mes light

Si moltiplicano le ipotesi di alternativa o mediazione sul Mes in vista della riunione dei ministri delle finanze europei prevista per martedì. E finalmente arriva anche l'apertura da parte del premier olandese Mark Rutte (dopo quella di Angela Merkel)

Arrivano segnali di apertura dall’Unione europea per quanto riguarda il “New deal” o “Piano Marshall” post-Coronavirus per far ripartire le economie dei paesi Ue più gravemente colpiti dalla pandemia, come l’Italia. Dopo il quantitative easing della Banca centrale europea per 750 miliardi di euro e la lettera della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, con annessa la promessa di 100 miliardi per una cassa integrazione europea (Sure), già accolta favorevolmente in Italia dal ministro dell’economia Roberto Gualtieri che ieri l’ha definita un «passo importante nella direzione giusta», ecco che anche la strada per trovare una mediazione nell’uso del Mes, il fondo salva-stati, comincia ad appianarsi, pur con qualche modifica.

L’apertura dell’Olanda

Non è stata, per il momento, abbattuta del tutto la resistenza dei paesi europei pro-austerità, in primis Olanda e Austria, che vedono male gli aiuti ai paesi in difficoltà senza delle forti condizionalità, che li impegnino a tagliare la spesa pubblica negli anni successivi e fissino come obiettivo il pareggio di bilancio. Fino a ieri ha fatto loro da scudo Angela Merkel, ma la Germania ha fatto sapere di essere pronta a concedere le linee di credito del Fondo senza legarle alla futura austerità, ma mettendo dei paletti per assicurare che i finanziamenti vengano spesi soltanto per risanare l’economia dagli effetti della pandemia. Una forma di Mes light su cui pare sia possibile trovare una mediazione: l’Olanda sembra seguire l’esempio della Germania. Il premier Mark Rutte starebbe lavorando a una proposta per un Fondo di emergenza per far fronte alle spese legate – esclusivamente – all’emergenza sanitaria, senza alcuna condizionalità. Un fondo a cui i Paesi Bassi contribuirebbero con 1 miliardo.

L’idea francese: un fondo ad hoc separato dal Mes

Un’altra alternativa viene dalla Francia che ha proposto di creare un fondo temporaneo, dalla durata di 5 o 10 anni, che emetta bond garantiti dagli Stati. Non proprio i coronabond, su cui l’ala dura dell’Unione non sembra disposta a mediare, ma un meccanismo di fatto simile, da affiancare al Mes light. «La Ue deve usare tutti gli strumenti. Attivando il Mes senza stigma e con condizionalità light, cosa che dovremmo essere in grado di decidere all’Eurogruppo». Bisogna «riflettere su strumenti a lungo termine per far ripartire l’Unione dopo la crisi, dobbiamo mettere insieme risorse, perciò la Francia ha proposto di creare un fondo temporaneo che emette bond garantiti dagli Stati», ha dichiarato il ministro dell’economia francese, Bruno Le Maire.

Secondo Le Maire il fondo potrebbe essere gestito dalla Commissione Ue seguendo le strategie del Green New Deal e degli altri indirizzi europei, tenendolo fuori dal bilancio Ue. I Paesi Ue potranno contribuire tramite una tassa di solidarietà e «ne beneficeranno in base alle necessità post crisi, e il focus sarà sulla ripresa economica». Il commissario agli affari economici Ue, l’ex premier italiano Paolo Gentiloni, pare essere d’accordo, come si evince da una sua intervista a Sky tg 24: «Il Mes è nato in un’altra epoca storica» ed oggi è «completamente inadeguato a quello che ci troviamo di fronte». L’invito di Gentiloni comunque è a non «fossilizzarsi» sul Mes ma di pensare a «diversi strumenti e diversi obiettivi».

Il fronte anti-Orban

Nel frattempo, si consolida anche un’altra intesa nella Ue per condannare l’assunzione di “pieni poteri” (per un tempo illimitato) da parte del premier ungherese Viktor Orban dopo il voto in parlamento. Quattordici paesi europei, tra cui Italia, Francia, Germania e Spagna, hanno scritto per esprimere la loro preoccupazione per questa situazione «senza precedenti» avvertendo che ci troviamo di fronte al «rischio di violazione dei principi dello Stato di diritto, della democrazia e dei diritti fondamentali che derivano dall’approvazione di alcune misure di emergenza».

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