Coronavirus. I fumatori sono protetti dal Covid-19? Non è dimostrato, nemmeno con le sigarette elettroniche

Assumere nicotina, tramite il fumo o lo svapo, non garantisce contro il Covid-19. Gli studi che suggeriscono il contrario sono inconcludenti

Un recente studio osservazionale francese, non ancora sottoposto a revisione, suggerisce che la nicotina legandosi a particolari recettori delle cellule polmonari possa impedire al SARS-CoV2 di infettarle.

Il nuovo Coronavirus ha come bersaglio i recettori ACE2 che si trovano in diversi tipi di cellule, tra cui quelle alveolari polmonari, che ci permettono di respirare. Il virus usa la proteina Spike per forzarne l’ingresso e potersi così moltiplicare.

I ricercatori francesi hanno notato che su 480 pazienti, di cui 350 ricoverati all’ospedale Pitié-Salpêtrière – quelli con età media di 65 anni erano per il 4,4% fumatori, mentre i soggetti nella fascia dei quarantenni lo erano nel 5,3% dei casi. È possibile quindi che la maggior parte dei fumatori non corra il rischio di ammalarsi?

Cosa dice l’Oms

In una nota del 24 marzo l’Oms spiegava già a grandi linee le ragioni per cui il fumo non può proteggere contro il Covid-19. Vi sono anche motivazioni igieniche, «l’atto del fumo implica che le dita (e possibilmente le sigarette contaminate) siano a contatto con le labbra, aumentando la possibilità di trasmissione del virus dalla mano alla bocca».

Il fumo da sigaretta comporta inoltre «una ridotta capacità polmonare che aumenterebbe notevolmente il rischio di malattie gravi». Più in generale, «le condizioni che aumentano il fabbisogno di ossigeno o riducono la capacità del corpo di utilizzarlo correttamente  – continua l’Oms – esporranno i pazienti a un rischio maggiore di gravi condizioni polmonari come la polmonite».

Maggiori informazioni in merito vengono fornite anche in un post più argomentato, dove si esclude che l’uso di sigarette e water-pipe possa fornire un aiuto contro qualsiasi malattia, men che meno se si tratta di una sindrome respiratoria.

Come è stato svolto lo studio francese

A scanso di equivoci, facciamo presente che il controverso studio francese suggerisce un ruolo della nicotina nel proteggerci dal Covid-19. Nessuno dubita degli effetti nocivi del fumo. Il Governo di Parigi avrebbe inoltre provveduto al bando dei sostituti della nicotina in commercio online, come riporta Business Insider.

Lo studio francese compare il 21 aprile nella rivista open access Qeios. Si tratta di un genere di pubblicazione scientifica senza abbonamento, che rende gli articoli accessibili a tutti, reggendosi sul pagamento di una quota da parte dei ricercatori.

Date le ridotte dimensioni e il carattere piuttosto ipotetico del lavoro – per quanto partendo da premesse documentate – questo studio somiglia più a un position paper, come quello che avevamo analizzato in un articolo precedente, riguardo l’ipotesi che lo smog potesse agevolare la propagazione del SARS-CoV2.

In sostanza gli autori della ricerca hanno intervistato 480 pazienti – tra cui 350 ricoverati all’ospedale Pitié-Salpêtrière – riscontrando che il 4,4% con età media di 65 anni erano fumatori regolari, mentre questo dato sale leggermente nei soggetti con età media di 44 anni (5,3%).

I ricercatori suggeriscono – stando alla letteratura da loro esaminata – una «relazione tra nicotina e ACE2», studiata nelle malattie cardiovascolari e polmonari. Le stesse per le quali l’Oms faceva notare un aggravamento delle condizioni dei pazienti, a causa del fumo.

Parliamo di dati surrogati sui fumatori positivi, collegati ad altri teorici sul ruolo della nicotina negli ACE2, provenienti dalla letteratura precedente.

«La nicotina aumenta l’espressione e /o l’attività di renina, ACE e AT1R – continuano i ricercatori – mentre nel sistema compensativo ACE2 / ANG- (1–7) / MasR, la nicotina [deprime] l’espressione e/o attività di ACE2 e AT2R, suggerendo così un possibile contributo dei recettori dell’acetilcolina nella regolazione dell’ACE2. Questa possibilità non è stata ancora esplorata nel quadro delle neuroinfezioni virali».

In sostanza secondo gli autori, esisterebbe un collegamento coi recettori ACE2. La nicotina impedirebbe così al virus di infettare le cellule. Tutto questo resta però a livello ipotetico.

Cosa mostra la letteratura precedente

Wired nel riportare lo studio cita una meta-analisi apparsa sul European Journal of Internal Medicine il 17 marzo. Si tratta di un genere di studi che sottopongono a revisione diversi altri, vagliandoli tra quelli migliori su un determinato tema, unisce quindi assieme lavori significativi della letteratura scientifica, per analizzarne i dati come fossero un unico studio.

In questo caso sono state considerate solo cinque ricerche, di queste una indica il fumo come «forte predittore» del Covid-19. I ricercatori suggeriscono quindi, che fumare non comporterebbe maggiori rischi di sviluppare sintomi gravi, ma senza avere sufficienti elementi per confermarlo sul serio.

Secondo quanto riporta il Guardian, i risultati dello studio francese si potrebbero collegare con una ricerca cinese apparsa a marzo sul New England Journal of Medicine (Nejm), dove risulterebbe che in un campione di mille pazienti positivi al SARS-CoV2, solo il 12,6% erano fumatori; va considerato però che in tutta la Cina i fumatori sono circa il 28%. In Francia il 25,4% della popolazione è fumatrice, mentre su 11mila pazienti positivi si è rivelato fumatore l’8,5%. 

Sorprendentemente nessuno linka lo studio del Nejm. Quel «12.6%» compare effettivamente in uno studio firmato da ricercatori cinesi, apparso nella rivista il 28 febbario, con un aggiornamento del 6 marzo. Solo nella tabella – a cui facciamo riferimento in foto – si citano i fumatori.

Nejm | Tabella coi dati riguardanti i positivi al Covid-19 in un campione (parziale) di ospedalizzati in Cina.

Del resto i dati sono parziali, come si legge nel paragrafo dedicato ai risultati; riguardano infatti mille casi su settemila, per quanto possano comunque essere considerati significativi:

«Dei 7736 pazienti con Covid-19 che erano stati ricoverati in ospedale in 552 siti il 29 gennaio 2020 – spiegano gli autori – abbiamo ottenuto dati relativi ai sintomi clinici e agli esiti per 1099 pazienti (14,2%). Il maggior numero di pazienti (132) era stato ricoverato all’ospedale Wuhan Jinyintan. Gli ospedali inclusi in questo studio rappresentavano il 29,7% degli ospedali designati dei 1856 in cui i pazienti con Covid-19 potevano essere ricoverati in 30 province, regioni autonome o comuni in tutta la Cina».

Nejm | I risultati dello studio sui pazienti cinesi positivi al Covid-19.

E se assumessimo nicotina tramite sigarette elettroniche?

Studi come quello francese potrebbero portare le persone a ritenere che assumere nicotina tramite svapo possa proteggere in qualche modo. In diverse pubblicazioni dedicate al tema, gli addetti ai lavori si sono mobilitati in questo periodo nella difesa delle sigarette elettroniche, evidenziando come non costituiscano un fattore di rischio.

Al netto degli usi con essenze irregolari – che invece potrebbero indurre patologie polmonari – lo svapo in sé non sembra effettivamente essere più pericoloso del fumo in questo frangente, anche se la letteratura in merito è ancora piuttosto scarsa. Effettivamente le e-cigarette sono poco documentate nelle storie mediche standard. Sarebbe quindi molto imprudente suggerire lo svapo come potenziale soluzione al Covid-19, cosa che non fanno nemmeno i produttori seri.

Secondo la Cnn le preoccupazioni riguardo allo svapo come fattore di rischio per il Covid-19 riguardano i soggetti tra i 20 e 44 anni (il 20% dei ricoverati positivi al virus), quelli che negli Stati Uniti si ritengono essere tra i principali consumatori di essenze tramite sigarette elettroniche. Il sindaco di New York Bill de Blasio ha recentemente denunciato il caso di un ragazzo di 22 anni, ricoverato in ospedale, il cui unico fattore di rischio sarebbe stato lo svapo.

Ci si chiede inoltre se le lesioni polmonari registrate in Usa, associate a un uso improprio delle e-cigarette, possano aver predisposto ulteriormente al rischio di contrarre il Covid-19 nei pazienti. Così c’è anche chi chiede un bando dello svapo negli Stati Uniti, come riportato dal New York Times.

Conclusione: non dobbiamo confondere una sostanza col mezzo che la contiene

È emerso qualche indizio di una correlazione tra nicotina e limitazione della capacità del SARS-CoV2 di penetrare nelle cellule e moltiplicarsi. Si tratta di una ipotesi non dimostrata, anche se i dati a disposizione suggeriscono di effettuare ulteriori studi, che esplorino con precisione questa eventualità.

La nicotina non è l’unica sostanza che assumiamo tramite il fumo o lo svapo. Il fumo da sigaretta resta nocivo ed esistono altrettante evidenze che possa comportare un fattore di rischio di incorrere a sintomi più gravi del Covid-19, anche se andrebbero ulteriormente esplorate in studi successivi.

Suggerire altri metodi per assumere nicotina – come lo svapo – a solo scopo preventivo contro il Covid-19, significherebbe cercare una soluzione fai da te che prescinde dalle intenzioni dei ricercatori, che al massimo suggeriscono una assunzione controllata del principio attivo, del tutto diversa dal mero svapo.

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