Coronavirus, fare il vaccino antinfluenzale ci mette a rischio contagio?

No, i vaccini contro l’influenza non possono aiutare il Covid-19 a trasmettersi di più

Il 10 giugno compare su Il Giornale un’intervista al professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’istituto Spallanzani di Roma, il cui titolo potrebbe aver destato preoccupazioni inutili: «Rischi di interferenze dai vaccini influenzali». Ippolito risponde all’eventualità che i vaccini antinfluenzali possano aiutarci a prevenire una seconda ondata di Covid-19 il prossimo inverno.

Il messaggio trasmesso dall’articolo è fuorviante. Nell’intervista l’interferenza virale non viene presentata come un rischio, lo sarebbe solo se intesa come nel gergo dei No vax, i quali concepiscono come il fenomeno in base al quale, un vaccino potenzierebbe la capacità di un altro patogeno di infettare.

Tutto sembra essere partito da un articolo firmato da Greg G. Wolff, che in realtà non dimostra affatto un rischio di interferenza virale, comunque la si voglia intendere.

Cos’è davvero l’interferenza virale

Allora come si spiega il titolo del Giornale? Forse è stata equivocata una affermazione di Ippolito, peraltro rilasciata alla fine dell’intervista. Alla domanda della giornalista sulla possibilità che i vaccini antinfluenzali possano fornire copertura efficace contro il Covid-19, Ippolito risponde:

«No. Non ci sono prove che sia efficace. Anzi, anche qui non ci sono certezze ma potrebbero esserci interferenze virali. Ma il vaccino per l’influenza stagionale nei mesi scorsi è servito a ridurre gli accessi ai Pronto Soccorso già sotto pressione per il Covid».

Ippolito giustamente fa notare che non ci sono prove di efficacia diretta, quanto della possibilità che aiuti a ridurre il carico dei ricoveri. Quindi queste «interferenze virali» non sembrano essere qualcosa che aiuta altri patogeni a infettare, altrimenti non potrebbero comunque contribuire a «ridurre gli accessi ai pronto soccorso».

Facciamo notare, per esempio, che nel sommario del Giornale viene virgolettata l’affermazione «Ma la profilassi svuota i pronto soccorso. Sul virus attenuato nessuna prova». Ma nell’intervista, come abbiamo visto, l’esperto non parla di profilassi in riferimento ai pronto soccorso.

L’interferenza virale invece – di cui esistono poche evidenze – è l’eventualità che un virus possa inibire la possibilità ad altri di infettare. Leggiamo la definizione riportata in un articolo del Journal of Infectious Diseases del dicembre 2015:

«È ben noto che l’infezione di un organismo, sia esso vegetale, animale o batterico, con un virus possa prevenire o inibire parzialmente l’infezione da parte di un altro virus all’interno dello stesso ospite, derivante dalle interferenze virali. Sebbene originariamente descritto per i virus delle piante nel 1929, osservazioni simili furono fatte per i batteriofagi e una pletora di virus animali negli anni ’40 e ’50. In effetti, nel 1804 Jenner riferì che le infezioni erpetiche possono prevenire lo sviluppo di lesioni da vaccinia, forse nel primo rapporto di interferenza virale. Questi rapporti originali sono stati ben supportati attraverso studi sperimentali sugli animali, nonché studi epidemiologici e di modellizzazione, per una varietà di virus, incluso il virus dell’influenza».

Questo fenomeno è stato osservato per esempio tra epatite B e D: EpD ha bisogno di EpB per replicare, in quanto gli serve il capside (involucro del virus che protegge il suo Dna o Rna) di EpB, così in caso di co-infezione (EpB+EpD) avremo la prevalenza di un virus a scapito dell’altro.

Conclusione: l’interferenza virale nei vaccini antinfluenzali non è dimostrata

È legittimo ipotizzare che anche un vaccino, “imitando” la presenza di un virus, possa indurre il fenomeno dell’interferenza virale? Non spetta a noi stabilire cosa volesse dire esattamente Ippolito. Sappiamo però che nella competizione tra due virus che entrano in un organismo esiste la probabilità che uno dei due prevalga sull’altro, replicandosi di più.

Questo non significa che uno aiuta l’altro a infettare le cellule, men che meno si potrebbe fare questo ragionamento per un vaccino, a meno che non si intenda la possibilità che questo inibisca la capacità di SARS-CoV2 di moltiplicarsi, ma anche questa eventualità non è dimostrata.

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Foto credit: JOINT BASE SAN ANTONIO-FORT SAM HOUSTON, Texas – Thanks to a vaccine, one of the most terrible diseases in history – smallpox – no longer exists outside the laboratory. Over the years, vaccine have prevented countless cases of disease and saved millions of lives.

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