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Coronavirus. Dietro ai vaccini Covid-19 ci sono i feti abortiti? Facciamo il punto sulla disinformazione

10 Dicembre 2020 - 08:46 Juanne Pili
Il fronte degli scettici sui vaccini anti-covid passa dalle vecchie teorie No Vax e da quelle anti abortiste

Ci segnalano un articolo apparso su Panorama il 2 dicembre scorso, a firma di Francesca Romana Poleggi, attivista pro-vita e anti-abortista. Nel suo lavoro titolato «Se dietro il Vaccino (anche del Covid) ci sono i feti», troviamo una serie di affermazioni sui vaccini, già dimostratesi infondate in passato e riproposte oggi contro quelli per il nuovo Coronavirus.

L’autrice premette di non condividere le narrazioni No Vax, mentre l’articolo presenta proprio quelle argomentazioni portate avanti dai movimenti contro i vaccini: dall’ipotesi che causino mutazioni pericolose a quella che li associa all’autismo, passando per le allusioni sulla fondazione Bill & Melinda Gates, il cui impegno nello sviluppo di piani vaccinali avrebbe compromesso il «diritto alla verità».

Per chi ha fretta:

  • L’articolo elenca proprio argomentazioni e fonti utili ai movimenti che disinformano sui vaccini;
  • Non è necessario usare continuamente dei feti abortiti nella ricerca scientifica, perché le linee cellulari derivate vengono coltivate;
  • In questo contesto specifico si usano linee cellulari per isolare i virus, per tanto è molto improbabile trovare contaminazioni rilevanti di DNA umano nei vaccini;
  • Buona parte dei vaccini anti-Covid non sono a virus attenuato, ma usano porzioni di RNA recanti le informazioni per la produzione dei soli antigeni virali;
  • Non è dimostrato nemmeno che i già esistenti vaccini a virus attenuato contengano quantità rilevanti di DNA fetale;
  • Non è dimostrato che i vaccini in generale – tanto meno quelli anti-Covid – possano generare mutazioni al nostro genoma, specialmente quelli che hanno ormai superato tutte le fasi avanzate di sperimentazione, volte ad accertare anche l’assenza di eventi avversi;
  • L’autismo ha origini genetiche e non è dimostrato alcun collegamento coi vaccini;
  • Non è dimostrata l’esistenza di traffici illegali di feti, frutto di aborti imposti contro la volontà delle madri.

Vaccini e feti abortiti?

La narrazione che gira attorno ai vaccini creati con feti abortiti è spesso rilanciata dall’area No vax. «Spesso nei laboratori si usano cellule prese da feti, aprendo un mare di questioni etico-morali da non sottovalutare e soprattutto da non nascondere», riporta l’articolo. Sembrerebbe quindi, che ci sia un dibattito aperto, che divide la Comunità scientifica sull’uso di feti umani allo scopo di produrre vaccini. In realtà tutto questo non succede.

Esistono effettivamente linee cellulari umane, come la WI-38, derivata dalla donazione libera di un feto da parte di una donna svedese nel 1962. Queste cellule possono moltiplicarsi ed essere distribuite nei laboratori, senza che vi sia necessità di provocare aborti ovunque, esistono inoltre altre linee cellulari derivate dagli animali, come le cellule Vero.

Il DNA mutante dei vaccini?

L’articolo prosegue con un altro tema: «Dna del feto [che] entra inevitabilmente in circolo nell’organismo del ricevente. Ciò comporta seri rischi per la sua salute, perché potrebbe innescare un processo noto come “ricombinazione omologa” cui consegue la modifica del patrimonio genetico del ricevente il vaccino».

Le colture cellulari servono in fase pre-clinica per isolare il virus in modo da studiarlo, per ottenere vaccini e farmaci efficaci. Alcuni come quelli di Pfizer e Moderna non usano nemmeno vettori virali, ma direttamente frammenti di RNA messaggero. In che modo RNA (o DNA) in determinate quantità potrebbe modificare il nostro codice genetico? Esistono in circolo diverse narrazioni del tutto infondate, alla luce delle più basilari conoscenze di biologia generale, sostenute purtroppo anche da persone col camice.

A un certo punto vengono citati il Charlotte Lozier Institute e la sua tabella dei vaccini anti-Covid che userebbero linee cellulari derivate dagli aborti. Il concetto portato avanti è che i vaccini anti-Covid siano contaminati da DNA umano, e che questo possa causare pericolose mutazioni.

Il fatto è che non esistono proprio evidenze di RNA o DNA estraneo, che possa creare in questi vaccini delle pericolose mutazioni. Potete approfondire leggendo i nostri articoli precedenti sui cosiddetti «vaccini OGM». Sul fatto che non esista in generale il problema dei vaccini anti-Covid contaminati da DNA umano, suggeriamo anche il Fact-checking di Flora Teoh, PhD in Scienze biologiche.

Sono più sani i bambini non vaccinati?

L’articolo di Panorama cita anche un recente studio di «Lyons et al», apparso sulla rivista International Journal of Environmental Research and Public Health, dove si vedrebbe come «i bambini non vaccinati sono sorprendentemente più sani di quelli vaccinati».

Panorama non fornisce ulteriori indicazioni per recuperare lo studio. Segnaliamo comunque che l’autrice riporta tutte le fonti nella trascrizione del suo articolo, sul sito Pro-vita e famiglia dove troviamo il paper firmato da James Lyons-Weiler assieme a Paul Thomas del 22 novembre 2020. Scopriremo nella nostra indagine che sono due noti No vax, dove il secondo, Thomas, è un pediatra radiato di recente. Nella fine del paragrafo introduttivo dello studio possiamo leggere, che «i bambini non vaccinati nella pratica non sono più malsani dei vaccinati e in effetti i risultati complessivi possono indicare che i pazienti pediatrici non vaccinati in questa pratica sono complessivamente più sani dei vaccinati».

L’articolo è stato sovvenzionato dal IPAK (Institute for Pure and Applied Knowledge), associazione fondata dallo stesso Lyons-Weiler. Secondo quanto riporta Science-Based Medicine, sempre attenta nella denuncia della disinformazione medica, Lyon-Weiler è stato già coinvolto assieme a IPAK nel diffondere affermazioni pseudoscientifiche su una presunta origine artificiale del nuovo Coronavirus, derivata dal SARS-CoV-1 (quello della Sars), modificato in un laboratorio. Tale affermazione sarebbe emersa a seguito di una intervista rilasciata al noto No vax Del Bigtree. Il bias contro i vaccini di Lyons-Weiler è piuttosto noto e documentato, arrivando persino a negare che l’autismo possa essere di origine genetica, cosa che vanificherebbe ogni tesi volta ad associare l’autismo coi vaccini.

A proposito del co-autore Paul Thomas, sempre grazie a Science-Based Medicine, scopriamo che gli è stata sospesa la licenza di medico-pediatra giusto il 7 dicembre scorso, proprio per le sue attività antivax. Questo genere di studi, volti a dimostrare a tutti i costi che i non vaccinati siano più sani dei vaccinati, sono noti proprio negli ambienti No vax più radicali come «vaxxed/unvaxxed study».

In sostanza lo «studio» di «Lyons et al», come altri del suo genere, fanno abbondante uso del p-hacking, ovvero la tendenza a effettuare continuamente dei confronti, fino a quando non si ottiene una correlazione casualmente significativa; parliamo insomma di correlazioni spurie cercate con un certo accanimento. I due autori inventano persino un metodo tutto loro per far quadrare i conti, che definiscono RIOV (Relative Incidence of Office Visit). Lyons e Thomas hanno voluto vedere se per caso i bambini non vaccinati venissero portati dai genitori più spesso degli altri a fare delle visite dal pediatra.

Il piatto forte di questo paper auto-prodotto è la correlazione tra somministrazione del vaccino e visite per febbre, cosa che ci si aspetta proprio tra i comuni eventi avversi di una vaccinazione, così come una maggiore attenzione da parte dei genitori alla salute del proprio bambino. In breve, la fallacia logica consiste nel fatto che essere più propensi ad affidarsi a un medico, piuttosto che disertare persino le vaccinazioni, non indica necessariamente una maggiore salute da parte dei non vaccinati, ma solo che la salute dei propri figli è maggiormente sotto controllo.

Vaccini e disturbi dello spettro autistico

L’articolo ripesca la correlazione con l’autismo, dovuta alle reazioni autoimmuni, per via delle presunte mutazioni generatesi dalla circolazione del suddetto DNA fetale nel nostro Organismo:

«Si formano cioè delle mutazioni e delle nuove cellule che il soggetto vaccinato non riconosce come proprie e scatenano una risposta cosiddetta “autoimmune”, con le conseguenti malattie e disturbi dello spettro autistico».

Tralasciando il mai dimostrato collegamento tra vaccini e autismo, frutto anche di vere e proprie frodi scientifiche, vediamo da dove viene la fonte di Panorama: l’associazione Corvelva, considerata spesso un punto di riferimento dei «Free vax».

«La Food & Drug Administration statunitense (l’agenzia federale di controllo sui farmaci) e l’Oms, nel 2005 – continua l’autrice – riconoscendo la sussistenza di rischi oncogeni associati alla presenza di DNA umano nei vaccini, avevano stabilito che doveva essercene meno di 10 ng (nanogrammi). Con il tempo vari ricercatori hanno dimostrato che il limite suddetto non viene quasi mai rispettato. Un esempio fra tanti, denunciato dall’associazione Corvelva: nel Priorix Tetra, usato nei bambini dagli 11 mesi fino ai 12 anni di età per morbillo, parotite, rosolia e varicella, sono state state riscontrate inizialmente quantità di DNA da 1 a 2,7 e poi fino a 3,7 microgrammi per fiala (1 microgrammo è uguale a 1000 nanogrammi)».

La fonte è un comunicato di Corvelva del 31 marzo. Le analisi appaiono nella rivista F1000 Research. Riguardano i vaccini MPRV, che come indicato da AIFA (Agenzia italiana del farmaco), sono quelli «che aiutano a proteggersi contro le infezioni virali da morbillo, parotite, rosolia e varicella», ottenuti con virus attenuati. Corvelva aveva già cercato più volte di presentare prove della presenza di contaminanti, in particolare nel vaccino Mprv Priorix Tetra.

In parallelo prosegue il tentativo di trovare il presunto DNA fetale in quantità abnormi, attraverso la ricerca in questione. Tant’è vero che esiste già una analisi preliminare del professor Enrico Bucci su Cattivi Scienziati, risalente al 24 gennaio 2019, in collaborazione coi colleghi Raffaele Calogero dell’Università di Torino e Piero Carninci del Riken Institute, in Giappone.

Bucci quando il documento è ancora sottoposto a revisione (dopo una prima fase nella quale era stato bocciato dai revisori), nota diversi limiti; a noi interessa quello riguardante le presunte quantità anomale di DNA umano:

«Vi è da tempo evidenza che anche dosi altissime di DNA umano non sia in grado di indurre rischi significativi neppure su periodi di osservazione lunghi – spiega Bucci – come confermato da studi su primati non umani, dall’esperienza clinica con i vaccini e altri farmaci biologici e da studi recenti di valutazione del rischio che suggeriscono come anche in quei paesi non europei dove esistono soglie al quantitativo di DNA iniettabile tali soglie siano inutilmente stringenti». 

I nucleotidi analizzati nello studio per altro sembrerebbero piuttosto ridotti:

«Il DNA di alcuni dei virus attenuati presenti nel vaccino in esame è di dimensioni circa pari a quanto da loro rivelato nel gel (per esempio, il DNA del virus della varicella è di 125 kb) – continua il Professore – pertanto, pur volendo intravedere traccia di DNA ad alto peso nell’immagine di gel presentato, questo può chiaramente essere imputato al DNA dei virus attenuati presenti del vaccino, e non a frammenti di DNA umano».

Donne costrette ad abortire per i vaccini in Cina?

Nell’articolo di Panorama troviamo anche accenni alla presunta pratica di costringere le donne ad abortire per la produzione delle suddette linee cellulari, destinate alla produzione dei vaccini (il grassetto è nostro):

«Il problema etico relativo ai vaccini che all’origine hanno cellule tratte da bambini abortiti, non è trascurabile. Non si tratta, infatti, solo feti abortiti nei lontani anni Sessanta, come si dicono alcuni: il Comitato cittadini per l’obiezione etico-religiosa, ha pubblicato diversi documenti che dimostrano il contrario. Per esempio gli autori di una ricerca cinese del 2015, Bo Ma et al., hanno indotto l’aborto in nove donne (e dato che siamo in Cina non è neanche detto che fossero consenzienti…) – continua – Poleggi – E non si tratta del semplice uso (o abuso) di piccoli cadaveri, perché ci sono diversi studi e diverse testimonianze concordi nell’asserire che si cerca di far sopravvivere i bambini all’aborto per poter prelevare organi freschi: già nel 1987 ne parlava Peter McCullagh; più recentemente, nel 2016, la cosa è di nuovo emersa negli Usa, quando il Center for Medical Progress ha pubblicato una serie di video in cui David Daleiden, con telecamera nascosta, ha dimostrato i traffici di organi di bambini abortiti intercorsi tra la Planned Parenthood e le industrie farmaceutiche o le università».

Riguardo allo studio di Bo Ma et al, del 2015, si riporta che sarebbero state coinvolte «nove donne», e siccome sarebbe avvenuto in Cina, nell’articolo si deduce che «non è neanche detto che fossero consenzienti». Questa però è una congettura: sarebbe come sostenere che in Italia le donne potrebbero essere costrette a portare avanti gravidanze indesiderate, solo perché esistono movimenti pro-vita.

Il paper si intitola «Characteristics and viral propagation properties of a new human diploid cell line, walvax-2, and its suitability as a candidate cell substrate for vaccine production»; l’articolo parla inoltre di nove feti, e si accenna una volta sola al termine aborto, sulle cui circostanze non sembrano esserci grossi dubbi:

«Abbiamo ottenuto 9 feti attraverso uno screening rigoroso basato su criteri di inclusione accuratamente specificati – continuano i ricercatori – Il ceppo di cellule Walvax-2 ha soddisfatto tutti questi criteri e si è dimostrato la migliore linea cellulare dopo un’attenta valutazione. Pertanto è stato utilizzato per stabilire un ceppo di cellule diploidi umane. Walvax-2 è stato derivato da un tessuto polmonare fetale […] ed è stato ottenuto da un feto femmina di 3 mesi abortito a causa della presenza di una cicatrice uterina da un precedente parto cesareo». 

Organi freschi dai neonati

L’articolo di Panorama parla anche di una sorta di traffico di feti:

«Diversi studi e diverse testimonianze [sono] concordi nell’asserire che si cerca di far sopravvivere i bambini all’aborto per poter prelevare organi freschi: già nel 1987 ne parlava Peter McCullagh […] nel 2016, la cosa è di nuovo emersa negli Usa, quando il Center for Medical Progress ha pubblicato una serie di video in cui David Daleiden, con telecamera nascosta, ha dimostrato i traffici di organi di bambini abortiti intercorsi tra la Planned Parenthood e le industrie farmaceutiche o le università».

Mancano fonti dirette a Daleiden e McCullagh, mentre su Pro-vita e famiglia si fa riferimento a un video su You Tube, con la «testimonianza data sotto giuramento da alcuni funzionari della Planned Parenthood». Di che organizzazione si tratta e cosa c’entra con Daleiden?

Tralasciando McCullagh, di cui non risultano fonti recenti, scopriamo che David Robert Daleiden è un anti-abortista processato dal tribunale di Houston fin dal 2015, proprio per delle registrazioni, dove cercava di far credere che la Planned Parenthood fosse implicata in un traffico tessuti fetali. Il tutto si sarebbe poi risolto in sede legale con un nulla di fatto.

Daleiden, ben lungi dal dimostrare alcun reato, avrebbe invece commesso almeno 15 violazioni della privacy. La Planned Parenthood è nel centro del mirino degli anti-abortisti americani, in quanto promuove l’assistenza sanitaria alle donne che scelgono di abortire, inoltre è impegnata anche nella educazione sessuale, altra pratica poco simpatica al movimento pro-life e anti-abortista statunitense.

Secondo quanto riporta Time, «l’obiettivo [di Daleiden] era quello di registrare di nascosto video che potessero dimostrare che l’organizzazione aveva venduto illegalmente tessuto fetale a scopo di lucro». Le manomissioni di Daleiden erano già state smascherate nel 2015, quando esplose il caso, per approfondimenti potete leggere il Fact-checking della CNN, «The real story behind those Planned Parenthood videos». Secondo quanto riporta la Planned Parenthood, sarebbe stato lo stesso anti-abortista americano a rivelare nelle sue dichiarazioni di aver «modificato in modo ingannevole i suoi video».  

Conclusioni

Non risulta un sistema di aborti volto a fornire feti utili alla creazione di vaccini. L’articolo di Panorama riporta diversi casi di disinformazione sul tema vaccini e aborti, riportando fonti compromesse e nonostante tutto sostenute dalle aree No Vax.

Su una argomentazione presentata nell’articolo di Panorama non possiamo che alzare le mani: il diritto alla verità. La disinformazione, di fatto, compromette questo diritto che impedisce di ispirare «scelte libere e responsabili».

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Foto di copertina: sbtlneet | Rappresentazione artistica di un feto.

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