Meloni alla stampa: «Salvini non c’entra con il caso Anas. Cutro il momento più difficile per il governo». E caccia Pozzolo – I video

Alla conferenza stampa annuale organizzata dall’Ordine dei giornalisti la premier difende la riforma del premierato: «Non è un pericolo per il Quirinale»

La presidente del consiglio Giorgia Meloni arriva alla conferenza stampa organizzata dall’Ordine dei giornalisti alle 11.10 in una Sala dei gruppi della Camera dei deputati strapiena, non solo di cronisti ma anche di funzionari, decani della cronaca, e qualche esponente politico (tra i giornalisti, ad esempio, spunta Maurizio Lupi). Dopo aver introdotto l’incontro parlando di un anno «difficile» appena iniziato, nel corso del quale «mi aspetto un confronto chiaro con voi, non mi aspetto sconti ma rispetto», a proposito della cosiddetta “legge bavaglio” che – come prevede un emendamento già approvato alla Camera – limiterebbe il diritto di cronaca giudiziaria Meloni è subito netta: «Questa proposta – dice- viene da un membro dell’opposizione, non certo dal governo. L’emendamento si aggancia alle normative europee, rimane il diritto del giornalista a conoscere l’atto e a poter riportare la sostanza dell’informazione contenuta negli atti. A me pare una norma equilibrata, anche se personalmente non l’avrei presentata e infatti non l’ho fatto». La tanto attesa domanda sul caso di Emanuele Pozzolo, il deputato di FdI dalla cui pistola è partito un colpo durante la festa di Capodanno, arriva dopo un’ora e mezza e Meloni la liquiderà brevemente, parlando del deferimento al collegio dei probi viri e della sospensione dal partito.


Le elezioni europee

A chi le chiede se si candiderà alle elezioni europee risponde che non ha ancora deciso: «Mi sembrerebbe un appuntamento interessante, non mi convince chi dice che sarebbe una candidatura sbagliata perché poi non resterei a Strasburgo, gli elettori lo sanno ma votando scelgono di darti la loro fiducia». A preoccuparla, dice, non è un tema di opportunità politica ma di tempo: «Temo di sottrarre tempo al governo e per questo mi voglio prima confrontare con il governo e l’intera maggioranza per poi decidere». In particolare in caso di una partecipazione diretta alle elezioni Meloni dice di essere più che disponibile a un confronto televisivo con la leader del Pd, Elly Schlein. Meloni non chiude al sostegno ad Ursula von der Leyen per una nuova nomina, anche se non ipotizza alcuna alleanza stabile con i socialisti europei: «Non sarei disposta a fare una maggioranza stabile in parlamento con la sinistra», un «ragionamento diverso» è il sostegno: «quando si forma la nuova commissione» dove «quando si fa un accordo e ciascuno nomina un commissario poi i partiti di governo tendono a votare a favore dell’accordo». No però alle alleanze a destra fuori dal perimetro dei conservatori europei: «Mi pare evidente che con Afd ci siano delle distanze insormontabili a partire dal tema dei rapporti con la Russia a differenza di Le Pen che fa un ragionamento più interessante». E no, per ora alla candidatura di Mario Draghi «visto che lui stesso si è detto indisponibile».

«Bocciatura del Mes occasione per modificarlo»

Il tema europeo porta con se anche quello della mancata ratifica parlamentare del Mes votata in parlamento prima di Natale: «Io penso che sia stato un errore sottoscrivere la modifica del trattato, sapendo che non c’era una maggioranza per ratificarlo. Mi sono rimessa al volere del Parlamento ma personalmente perso che sia uno strumento obsoleto. Forse la mancata ratifica da parte dell’Italia può diventare un’occasione per trasformarlo in qualcosa di più efficace». Dal punto di vista economico, l’anno a venire non sarà semplice ma, dice la premier, non ci sono manovre correttive alla vista, né nuove tasse: «Io confido che lungo questo anno si posa essere ragionevoli e immaginare una diminuzione dei tassi di interesse, che libererebbe diverse risorse che abbiamo da pagare sul debito pubblico».

Il caso del consigliere della Corte dei conti contro il governo

Duro il commento sul consigliere della Corte dei conti Marcello Degni, che aveva commentato su twitter l’approvazione della Manovra, parlando di occasione persa per il Pd che non ha saputo far “schiumare di rabbia”: «Ho da chiedere alla sinistra, e in particolare ad Elly Schlein e Paolo Gentiloni che firmò la nomina, se sia normale che persone da loro nominate per incarichi che dovrebbero essere super partes si comportino da militanti politici. Su questo mi aspetto una risposta, nel merito di quale provvedimento andrà preso preferisco non entrare».

Balneari e Mattarella

«L’appello del presidente Mattarella non rimarrà inascoltato», dice la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a proposito del ddl concorrenza sul quale in Quirinale ha chiesto di intervenire in particolare per l’«eccessiva» tutela del commercio ambulante. «Sui balneari trovo singolare che non sia stata fatta una mappatura delle spiagge per valutare poi prenderemo una decisione, è oggetto del lavoro delle prossime settimane», aggiunge la premier visto che le due vicende sono collegate e l’Europa ha avviato una procedura di infrazione.

La tassa sugli extraprofitti

«La versione definitiva della tassazione sugli extraprofitti delle banche per lo Stato è una operazione win win. Lo rivendico e credo si debba riconoscere il coraggio di chi a differenza di altri ha varato questa tassazione», dice Meloni parlando di come la tassa sulle banche che le obbligava a versare una parte degli extraprofitti ottenuti nella fluttuazione dei tassi di interesse: «Noi avevamo varato una tassa su quello che era un margine giusto, non aveva un intento punitivo. In sede di conversione c’è stata l’aggiunta della possibilità di accantonare un importo pari a due volte e mezzo l’importo della tassa in una riserva non distribuibile. Questo comporta che aumentando le riserve aumenta il credito ai cittadini, in base a Basilea. Nel caso si optasse per questa seconda ipotesi, ciò comporterebbe un aumento del credito. E nel medio periodo alcune banche pagheranno più tasse», ha aggiunto.

Le riforme istituzionali

Giorgia Meloni difende la riforma istituzionale presentata a spada tratta: «La democrazia è poter scegliere chi ti governa. Io penso che sia la riforma più importante che faremo, non credo sia un pericolo per il ruolo del Quirinale per come l’abbiamo concepito. se si farà un referendum confermativo del premierato ma non sarà un referendum su di me, che sono il presente di questa nazione, è una consultazione sul futuro, su che tipo di futuro voglio gli italiani». Durissimo invece il commento sulle parole di Giuliano Amato, da poco alla guida di una commissione dedicata all’Intelligenza artificiale: «Sono rimasta francamente basita dalle sue parole circa il fatto che metteremo le mani sulla corte costituzionale. Alcuni giudici saranno nominati dal governo, se la riforma sarà approvata, e credo che forse il tema sia che la sinistra teme che non sia più automatico che siano loro a scegliere come coprire molte caselle importanti».

Appalti Anas e il ruolo di Salvini

Se sull’inchiesta che riguarda Pozzolo la posizione è durissima, nel caso del collega di governo, Matteo Salvini, Meloni difende l’alleato. Nell’indagine sugli appalti Anas, infatti, come noto sono coinvolti il genero e il suocero del leader della Lega, sebbene l’indagine sia partita prima della sua nomina a ministro dei Trasporti. «Penso che sulla questione bisogna attendere il lavoro della Magistratura, gli sviluppi, se necessario commentare quelli e non i teoremi. Da quello che ho letto le intercettazioni fanno riferimento al precedente governo, Salvini non è chiamato in causa e ritengo che non debba intervenire in Aula su questa materia». A proposito di una successiva domanda arrivata dal Domani su incontri avvenuti con i rappresentati di Huawei, clienti dei Verdini, anche recentemente, ha detto di non conoscere la vicenda: «L’unica tessera che Verdini ha preso è stata quella del Pd. Con questo governo lobbisti, affaristi e compagnia cantante non stanno passando un buon momento, penso che gli attacchi a questo governo siano anche figli di queste dinamiche».

Cutro e i problemi del governo

Giorgia Meloni si lascia andare ad un sorriso quando le chiedono del momento più difficile dell’anno passato: «Il momento più difficile è stato Cutro – la strage di migranti a largo della Calabria, sulla quale è anche in corso una indagine per appurare le responsabilità dei ministeri coinvolti – ma ce ne sono stati tanti. Ci sono poi stati però tanti altri momenti positivi, quando riesco a stare in mezzo alla gente e sentire il sostegno per quello che faccio quello è la mia benzina che mi spinge ad andare avanti». Il tema si è incrociato con la domanda di chiarimenti, che le era arrivata dal TgLa7, a proposito della sua “non ricattabilità”, proclamata subito dopo la nomina: «Alcuni pensano di potermi condizionare dicendomi che senza il loro sostegno non sarei premier, ma io preferisco non essere premier che sostenere decisioni non mie».

Meloni, la maternità, la famiglia

La maternità come massima aspirazione, come ha detto una parlamentare di Fratelli d’Italia, le chiede una giornalista? «Non so dirle se la parola aspirazione sia giusta, ma posso dire che da Presidente del consiglio, sono la donna più affermata in Italia, se mi si chiedesse cosa scegliere fra il ruolo di premier e mia figlia Ginevra non avrei dubbi, come qualsiasi altra madre, perché la maternità dà qualcosa che nient’altro può regalare. Se questo è il concetto lo condivido. Non condivido che il traguardo della maternità posso toglierti opportunità». Meloni cita gli esempi di leader europee come Metsola e von der Leyen che hanno rispettivamente quattro e sette figli: «Si può fare e siamo al fianco in particolare delle donne lavoratrici». Nervosa invece quando Il Foglio chiede della gestione del partito “famigliare” e di una possibile riforma: «Questa accusa comincia a stufarmi. – dice Meloni – In parlamento ci sono due coppie di parlamentari e sono entrambi a sinistra. E’ normale che la politica quando è militanza coinvolga anche altre sfere. Mia sorella sono trent’anni che lavora in fratelli d’Italia. L’ho messa a capo del partito. Certo, potevo metterla a capo di una partecipata».

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