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Dopo l’Umbria, Lega, M5s e Pd puntano tutto sul voto in Emilia Romagna: i segnali nei dati, perché sarà decisivo

29 Ottobre 2019 - 06:15 OPEN
I ricercatori di Youtrend e dell'Istituto Piepoli hanno analizzato la situazione del voto in Emilia Romagna per Open

Sono passate poche ore dalla vittoria del centrodestra in Umbria, ma il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico devono già pensare a una nuova sfida. Mentre Matteo Salvini e il centrodestra marciano compatti verso le elezioni Regionali in Emilia Romagna, previste per il 26 gennaio 2020, i due partiti al governo non hanno ancora finito di disporre le loro carte in tavola. Tra «Parlateci di Bibbiano» e «Tortellini dell’accoglienza», il terreno sembra essere molto scivoloso.

Il fresco trionfo della Lega in Umbria, per quanto espresso in percentuali impressionanti, non è stata certo una sorpresa: tra cattiva gestione uscente del centrosinistra, un candidato scelto in extremis, i risultati delle ultime comunali e una campagna elettorale fortemente sbilanciata verso la Lega (Salvini ha fatto 53 comizi contro gli 8 di Di Maio e gli 11 di Zingaretti), il risultato era prevedibile. Anche le elezioni europee di maggio 2019 parlavano chiaro: il distacco tra Lega e il Pd era stato di circa 15 punti percentuali.

In Emilia Romagna, Salvini gioca al massimo la sua partita da “federatore” del centrodestra e si prepara a ufficializzare il nome di Lucia Borgonzoni, leghista doc, alla guida della coalizione, dall’altra parte le trattative sembrano ancora essere allo stato acerbo.

Comunque, nonostante le diverse premesse favorevoli per il centrodestra – tra cui anche una percentuale di gradimento del governo molto bassa – in Emilia Romagna lo scenario si presenta meno scontato di quello in Umbria. Come hanno sottolineato a Open Livio Gigliuto dell’Istituto Piepoli e Giovanni Forti di Quorum/YouTrend, la frammentarietà del territorio e un candidato uscente di centrosinistra piuttosto popolare tra i cittadini, rendono la vittoria della Lega nella “Regione rossa” meno ovvia.

Una prima geografia del voto

Secondo Giovanni Forti, le varie province della regione suggeriscono scenari diversi tra loro. Le città di medie dimensioni nella zona della via Emilia dovrebbero restare favorevoli al centrosinistra, mentre nella zona appenninica, nelle province di Ferrara (dove ha vinto il leghista Alan Fabbri alle comunali), Rimini, Parma, Piacenza e Forlì, potrebbero votare per il centrodestra.


Grafica: Wikipedia

Lo scontro, però, rimane aperto: soprattutto nella zona nord e nell’area di Bibbiano, storicamente area rossissima, molto dipenderà da quello che sceglieranno di fare il M5s e il Pd. «Se il Partito Democratico sceglierà di scendere in campo con il Movimento – dice Forti – è probabile che molti tra gli elettori propenderanno per l’astensione».

Borgonzoni vs Bonaccini: una partita aperta?

Il candidato più quotato del centrosinistra è anche l’attuale governatore, Stefano Bonaccini, che tra i cittadini della regione gode di una certa popolarità. Appoggiato anche da Italia Viva, potrebbe essere un ostacolo alla vittoria della donna forte della Lega, Lucia Borgonzoni, che alle scorse comunali bolognesi è uscita sconfitta con Virginio Merola, candidato Pd.

Il 14 novembre la candidatura di Borgnonzoni verrà presentata ufficialmente al Paladozza. «Ancora più di Donatella Tesei, Borgonzoni è una donna di partito», dice Forti. «Questo potrebbe allontanare gli elettori di Fratelli d’Italia, che potrebbero non sentirsi rappresentati».

ANSA | Il segretario della Lega Matteo Salvini (D) con la collega di partito Lucia Borgonzoni (S) durante il voto finale in Senato sulla Nota di Aggiornamento del DEF 2019, Roma, 9 ottobre 2019

Le elezioni umbre hanno sancito una crescita innegabile del partito di Giorgia Meloni all’interno della coalizione, che ha sorpassato Forza Italia, partito storicamente non seguito in Emilia Romagna: «La partita è in bilico anche per la debolezza di Forza Italia nella regione – dice Forti – che ormai non è più la seconda gamba del centrodestra. Per quanto riguarda Meloni , era andata molto forte in Umbria alle europee, mentre qui è rimasta nettamente sotto la media nazionale, intorno al 5,%».

Occasioni e scogli di un’alleanza M5s-Pd

Mentre il centrodestra ha definito la propria strategia, quello che sarà il destino dei due partiti di maggioranza è tutto fuorché chiaro. Quello che è certo è che appare sempre più improbabile la possibilità di un’alleanza.

«Se la questione fosse solo aritmetica – dice Gigliuto – non ci sarebbero dubbi sulla forte competitività di Pd e M5s sulla Lega. Ma non è detto che i due partiti uniti accontentino entrambi gli elettorati».

Credit: Vincenzo Monaco

Correre da soli potrebbe in realtà aumentare le chance del centrosinistra. «Le possibilità che molti sostenitori del centrosinistra restino a casa in caso di una coalizione con il Movimento, soprattutto nella regione di Bibbiano e a nord in generale, sono alte», spiegano sia Forti che Gigliuto.

Nella scorsa tornata elettorale delle regionali, nel 2014, ci fu un’altissima percentuale di astensione (le cifre parlavano di un’affluenza di appena il 37,7% ). Se quest anno l’Emilia Romagna dovesse eguagliare le percentuali elevate di affluenza dell’Umbria, c’è la possibilità che a mobilitarsi sia soprattutto l’elettorato di destra.

«L’Emilia Romagna è un regione debole per il Movimento – continua Forti – e se non si coalizza con il Pd è probabile che il centrosinistra incassi l’appoggio esplicito di +Europa e di Italia in Comune, due partiti significativi nella regione. Pizzarotti ha già dichiarato di non volersi alleare con il Movimento, mentre non ha problemi ad aprire le porte ai dem».

Per il centrosinistra, dunque, parrebbe meglio non tentare una replica del patto civico in salsa umbra. «Se non scende in campo con il Movimento, il Pd può avere dalla sua anche le forze civiche e quelle delle sinistre più a sinistra del Pd, che in Emilia Romagna sono una presenza tradizionale».

«Sarà tutta una questione strategica», continua Gigliuto. «Se c’è una cosa che ci ha insegnato l’Umbria, è che le elezioni si vincono sul territorio e non sui social network. La Lega era stata molto più presente fisicamente e la sua campagna elettorale ha avuto l’effetto sperato».

I dati delle europee 2019

Uno sguardo indietro: oltre alle comunali, che disegnarono un quadro vario e disomogeneo, il 26 maggio del 2019 si è votato per le europee. Il risultato ha visto la Lega in testa sugli altri partiti con il 33,77%, staccata da poco meno di due punti dal Pd, al secondo posto con il 31,24%.

Grafica: Eligendo

A soffrire maggiormente era stato il Movimento 5 Stelle, che aveva preso il 12,09%, seguito da Forza Italia al 5,87% e da Fratelli D’Italia al 4,66%.

I dati delle legislative 2018

Alle legislative del 2018, in Emilia Romagna aveva vinto il centrodestra con quasi tre punti di scarto sul centrosinistra (33,06% contro il 30,79%). Gli equilibri tra i 3 partiti erano però ben diversi rispetto a come sarebbero stati 19 mesi dopo: il Partito Democratico aveva superato la Lega di ben 7 punti, e il M5s era il più votato in assoluto con il 27,54% delle preferenze. Leu aveva preso più di Fratelli D’Italia, con una percentuale del 4,5% contro il 3,41%.

Grafica: YouTrend

I dati delle regionali 2014

Le regionali del 2014 avevano visto trionfare Bonaccini e la coalizione di centrosinistra con una percentuale del 49% contro il 28,85% della coalizione di centrodestra capitanata da Alan Fabbri. La Lega aveva guadagnato il 19,4%, mentre il Pd aveva registrato quota 44,53%. Il Movimento era fermo al 13,3% e Fratelli d’Italia non arrivava nemmeno al 2%.

Grafica: Eligendo

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