Guerra in Ucraina, un anno di disinformazione: le conseguenze della propaganda russa in Italia

Dall’operazione “Lancio della mangusta” fino all’intervista alla blogger Marianna, alcuni episodi chiave della campagna di disinformazione sul conflitto

Un anno fa, la Russia di Vladimir Putin negava di voler invadere l’Ucraina. Il timore per questa scelta bellicista del Cremlino circolava da quasi un anno, soprattutto negli ultimi mesi con l’invio delle truppe ai confini con l’Ucraina per quelle che si rivelarono delle finte esercitazioni. L’attacco è stato ampiamente preparato anche dal punto di vista mediatico, con false notizie e depistaggi che fungevano a creare disordine e sfiducia nell’Occidente. Un processo di disinformazione che trovava terreno fertile grazie a due anni di pandemia dove terrore e malumore hanno rafforzato un sentimento contro le istituzioni e la scienza. Non è difficile, infatti, riscontrare come gli scontenti, i No vax e i teorici del complotto si siano facilmente identificati nella propaganda russa chiaramente anti occidentale.

Oggi, 24 febbraio 2023, possiamo osservare i frutti della propaganda russa, in particolare in Italia. A dicembre avevamo pubblicato una galleria con tutta la disinformazione relativa all’invasione russa in Ucraina, ma dobbiamo soffermarci su alcuni degli episodi chiave. Il primo è senz’altro l’operazione “Lancio della mangusta” messa in opera dai filorussi delle due autoproclamate repubbliche separatiste del Donbass, Donetsk e Lugansk. Il nome è stato scoperto attraverso la lettura dei metadati dei video in cui entrambi i leader delle “repubbliche” lanciarono un appello alla popolazione in vista di una presunta offensiva di Kiev. Era tutto programmato, i metadati non mentono: le riprese vennero realizzate nei giorni precedenti per poi diffondere il messaggio come “odierno”.

I due video dei leader separatisti.

Mentre i russi e filorussi parlavano di un presunto attacco ucraino, in occidente si temeva l’attacco russo indicando una data di inizio poi rivelatasi sbagliata. Ad esaltare l’errore fu un editoriale di Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano il 23 febbraio 2022, nel quale accennava a una «ennesima fake news americana dell’invasione russa dell’Ucraina (ancora rinviata causa bel tempo), eravamo tutti col fiato sospeso in attesa del Verbo». Il giornalista non poteva immaginare che il giorno dopo avrebbe avuto inizio l’invasione su vasta scala del Paese. Questi sono proprio gli episodi che generano conflitto e confusione e che fanno gioco alla propaganda russa.

Il tweet dell’editoriale di Marco Travaglio.

Dall’infodemia della Covid a quella della guerra. Difficile contare il numero di fonti Telegram in lingua russa, ucraina, inglese e via dicendo. Come a inizio pandemia, molti vennero creati con l’obiettivo di attirare iscritti e crearsi delle community capaci di diffondere i contenuti condivisi, verificati o meno. Al contrario, più il contenuto era adatto al target di riferimento e più si spingeva nonostante tutto. Un canale in particolare ha avuto un ruolo nella propaganda russa in quanto sponsorizzato dal Ministero della Difesa russo: “War on Fakes“.

Il sito del Ministero russo che sponsorizza il falso sito di fact-checking.

Siamo a conoscenza di questo canale Telegram e del suo omonimo sito fin dai primi giorni dell’invasione russa, rendendoci conto di un particolare molto importante: il dominio del sito venne creato la mattina 24 febbraio 2022, il giorno stesso in cui Vladimir Putin diede il via al conflitto. Lo scopo? Un sito anonimo di finto fact-checking per diffondere false notizie e teorie del complotto certificate dalle istituzioni russe. I contenuti pubblicati all’interno del canale Telegram venivano poi ripresi e condivisi dagli account ufficiale dei Ministeri e delle ambasciate russe nel mondo, come nel caso della Strage di Bucha e del bombardamento dell’ospedale di Mariupol.

La condivisione dell’articolo di “War on Fakex” su Bucha da parte di Oliver Stone

Nei primi giorni di aprile 2022, una volta diffuso il video dei cadaveri ripresi da un auto in una strada di Bucha vennero condivisi dei brevi frangenti per sostenere che si trattasse di una messinscena. «Bucha il “cadavere” sulla destra muove la mano, nello specchietto il cadavere dietro si mette a sedere dopo che l’auto è passata. Favoloso! Mi mancavano i cadaveri post covid che fumavano o si grattavano» scriveva un utente via Twitter, confermando quanto l’infodemia e le false notizie sulla pandemia abbiano facilitato certe credenze a favore della propaganda russa. A generare questa narrazione fu proprio il canale “War on Fakes”, pubblicando un post Telegram condiviso a stretto giro dal canale ufficiale del Ministero della Difesa russo.

La condivisione del Ministero della Difesa russo della teoria del complotto sulla strage di Bucha generata da “War on Fakes”.

Il canale “War on Fakes” inculcò in dubbio sui fatti di Bucha contestando le tempistiche, insinuando che gli autori della strage non potevano essere i russi in quanto avrebbero abbandonato la città il 30 marzo. Per dare credito a questa ricostruzione, in molti condivisero il video del sindaco di Bucha che, come abbiamo spiegato a Open Fact-checking, non confermava affatto la teoria. Lo stesso video del sindaco venne condiviso da Toni Capuozzo in un post Facebook del 5 aprile 2022. Il giornalista italiano, supportato anche da Nicola Porro attraverso il suo blog, è stato uno dei più seguiti commentatori della Strage di Bucha, alimentando i dubbi sulle responsabilità dei russi rivolgendo il mirino verso i soldati ucraini.

A seguito del bombardamento dell’ospedale di Mariupol, ad opera dell’esercito invasore il 9 marzo 2022, il canale “War on Fakes” accusò due ragazze in stato di gravidanza di essere la stessa persona che interpretava entrambe in favore della propaganda ucraina. Il falso fact-checking, pubblicato il 10 marzo, venne poi ripreso dalle ambasciate russe via Twitter, in particolare da quella nel Regno Unito dove condivideva le foto delle due ragazze con la scritta «Fake». Le due giovani vennero prese di mira dai filorussi, ma solo una riuscì a commentare l’accaduto: Marianna, la ragazza identificata come «beauty blogger» e unica sopravvissuta tra le due.

La teoria del complotto diffusa dal canale “War on Fakes” su Marianna venne riportata dall’ambasciatore russo all’Onu.

Qualche settimana dopo il bombardamento, i media ucraini accusarono i russi di aver rapito la giovane neomamma. Giorgio Bianchi, fotoreporter italiano e noto filorusso poi candidato tra le file di Italia Sovrana e Popolare alle elezioni del 2022, incontrò e intervistò Marianna per conto di VisioneTV con l’obiettivo di smentire questa narrazione. Nel corso del loro dialogo, la giovane dichiara di non aver «visto questa informazione» su di lei e la ragazza poi deceduta, nessun accenno agli autori della falsa notizia sul loro conto nemmeno da parte dell’intervistatore. La stessa Marianna, intervistata successivamente dalla BBC, afferma di essere stata inondata di messaggi accusatori e minacciosi a causa della falsa notizia diffusa dalle autorità russe sul suo conto. Tuttavia, come riporta il media britannico, Marianna si è astenuta dal criticare direttamente i funzionari russi, preferendo addossare la colpa ai fotografi di AFP per aver diffuso le foto e che queste avrebbero scatenato la fantasia dei suoi accusatori.

L’intervista di Giorgio Bianchi a Marianna pubblicata dal canale italiano VisioneTV.

VisioneTV, il canale dove Giorgio Bianchi ha fornito l’intervista a Marianna, è gestito da Francesco Toscano, già co-fondatore di Vox Italia con il filosofo Diego Fusaro amico di Aleksandr Dugin. Nel corso del 2022, il titolare del canale televisivo online è stato protagonista delle elezioni italiane con il partito politico Italia Sovrana e Popolare insieme a Giorgio Bianchi. Il sostegno alla narrazione russa continua, come dimostrato dal tweet dell’ambasciata russa in Italia del 10 febbraio 2023 dove annuncia la diretta in italiano del discorso di Vladimir Putin trasmesso da VisioneTV.

La propaganda russa è riuscita a penetrare in Italia, in un modo o nell’altro, attraverso diversi canali, consapevoli o meno, alimentando ancora di più i dubbi sul conflitto e alimentando un odio anti ucraino, anti europeo e anti americano. Un’operazione che però non è affatto partita lo scorso 24 febbraio 2022, ma già dalla prima invasione in Ucraina del 2014 grazie a canali nati lo stesso anno come Pandora TV del defunto Giulietto Chiesa, quest’ultimo utilizzato dall’ambasciata russa in Italia per sostenere la falsa narrazione del “colpo di Stato nazista in Ucraina nel 2014“.

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