Il mondo al voto. Europa, Taiwan, Usa: le sfide elettorali più importanti del 2024

Il 51% della popolazione mondiale si recherà alle urne in 76 Paesi, ma solo 43 di essi avranno elezioni pienamente libere. Ecco quali

Nel 2024 oltre due miliardi di persone si recheranno alle urne in 76 Paesi (56 se si escludono le elezioni amministrative e locali). Sarà l’anno delle Europee in 27 Stati membri, ma non solo: si voterà anche in 8 dei 10 Paesi più popolosi al mondo, ovvero Stati Uniti, Russia, Bangladesh, Brasile, India, Messico, Pakistan, Indonesia (il più grande Paese musulmano al mondo) e in 18 Paesi dell’Africa (la più elezione grande si terrà in Sudafrica, dove vivono più di 60 milioni di persone). Stando ai dati del Democracy Index, su 71 Stati solo 43 (compresi i 27) avranno elezioni pienamente libere e democratiche. I restanti 28 – tra cui Russia, Iran, Pakistan, dove il risultato non porterà, con ogni probabilità, a un cambiamento di regime – non soddisfano le condizioni essenziali per un voto libero e giusto, scrive l’Economist. Le prossime tornate elettorali rappresenteranno un test anche per valutare i rischi per la tenuta della democrazia derivanti dall’utilizzo sempre più diffuso dell’intelligenza artificiale, dalla creazione di deepfake all’aumento della disinformazione mirata. Si parte con Taiwan, il cui voto avrà un impatto sulle relazioni con la Cina; si chiude con gli Usa dove la possibile elezione di Donald Trump potrebbe portare a profondi cambiamenti nel contesto geopolitico già “stravolto” dalla guerra in Ucraina e in Medio Oriente.


Il vo(l)to delicato di Taiwan

ANSA/RITCHIE B. TONGO | Comizio elettorale a Taipei

Il 13 gennaio 2024 la popolazione taiwanese si recherà alle urne per eleggere il capo dello Stato e rinnovare il Parlamento. Tre sfidanti si contendono l’elezione presidenziale: Lai Ching-te, attuale vicepresidente di Taiwan del partito progressista democratico (Dpp), al governo dal 2016. Il sindaco di Nuova Taipei Hou Yu-ih, candidato del Kuomintang (Kmt) e Ko Wen-je del Partito popolare, ex sindaco di Taipei fino al 2022. L’esito delle elezioni determinerà l’ulteriore allontanamento (o meno) dalla Cina e l’intero scenario della sicurezza nel Mar Cinese meridionale, principale teatro del confronto strategico tra le due maggiori potenze globali: Pechino e Washington.


El Salvador e i «No al segundo mandato»

ANSA/RODRIGO SURA | La protesta contro il governo del presidente Nayib Bukele

Previste per il 4 febbraio 2024, le elezioni presidenziali a El Salvador – per diversi analisti internazionali – avrebbero già un vincitore: Nayib Bukele, presidente in carica dal 2019. Il Tribunale supremo elettorale ha accettato la candidatura, nonostante la sua rieleggibilità sia stata contestata da molti poiché l’articolo 152 della Costituzione salvadoregna proibisce a un presidente in carica di ricandidarsi. Tuttavia, nel 2021 i giudici della Corte Suprema – sostituiti dallo stesso Bukele con alcune figure fedeli del suo partito, in un contesto di forte irregolarità – si sono pronunciati sulla possibilità di rielezione del capo di Stato.

La Bielorussia e «L’ultimo dittatore d’Europa»

MIKHAIL METZEL/SPUTNIK/KREMLIN | Aleksandr Lukashenko e Vladimir Putin

Il 25 febbraio 2024 sono previste le elezioni le elezioni per Camera bassa e Consigli regionali. (Quasi) certo il risultato a favore di Aleksandr Lukashenko, che ha legato il suo destino a quello della Russia anche in seguito alle vicende che hanno coinvolto l’ex leader della Wagner, Yevgeny Prigozhin accolto dal leader di Minsk dopo l’insurrezione fallita contro il Cremlino e morto in un incidente aereo lo scorso 23 agosto. Eletto nel 1994, «l’ultimo dittatore d’Europa» ha imposto in Bielorussia un regime di tipo autoritario.

Lo stallo in Iran

ANSA/CLEMENS BILAN | Proteste per Mahsa Amini

Anche gli iraniani si recheranno alle urne, il prossimo primo marzo, per il rinnovo del Parlamento e per L’Assemblea degli Esperti dell’Orientamento che ha il compito di eleggere la Guida Suprema (e quindi, con ogni probabilità, il successore di Ali Khamenei). Nonostante le proteste del movimento «Donna, vita, libertà» – scoppiate in seguito all’uccisione di Mahsa Amini – il risultato, con ogni probabilità, dimostrerà continuità con l’attuale regime teocratico.

Elezioni farsa in Russia

ANSA/GAVRIIL GRIGOROV/SPUTNIK/KREMLIN | Il presidente russo Vladimir Putin

Le elezioni in Russia del 15-17 marzo per il presidente russo, Vladimir Putin, sono una questione meramente formale. La Commissione elettorale centrale russa ha rifiutato di registrare Ekaterina Duntsova, ex giornalista televisiva, pacifista, pubblicamente contraria alla guerra in Ucraina, come candidata alla presidenza. Mentre il principale leader dell’opposizione, Alexey Navalny, è stato trasferito in una colonia penale nel Mar Artico. Nessuna possibilità, dunque, di appropriarsi del “trono” dell’autocrate Putin – impegnato da circa due anni nell’invasione dell’Ucraina – che sembra certo di essere rieletto e restare al potere fino al 2030, anche grazie alla modifica della Costituzione di circa 3 anni fa. Putin siede al Cremlino come presidente della Russia dal 1999, con una pausa dal 2008 al 2012. Lo scorso 8 dicembre ha annunciato la sua candidatura alla “corsa” presidenziale.

Il Regno Unito e la scalata laburista

ANSA/ADAM VAUGHAN | Manifestanti anti-Brexit alla conferenza dei laburisti a Liverpool

Le elezioni nel Regno Uniti sono attese per la primavera del 2024, ma potrebbero essere spostate in autunno. Secondo il Dissolution and Calling of Parliament Act 2022, l’ultima data disponibile per recarsi alle urne è gennaio 2025. Se le elezioni non venissero indette entro il 17 dicembre 2024, il Parlamento si scioglierebbe automaticamente poiché sarebbero passati cinque anni dalle ultime consultazioni del 2019. Nei sondaggi di opinione, i conservatori – al potere dal 2010 – sono in svantaggio rispetto al partito laburista. Una prima conferma è arrivata a fine ottobre, quando il Labour Party guidato da Keir Starmer ha trionfato nelle elezioni suppletive in due circoscrizioni finora considerate roccaforti Tory. Impresa ardua per il premier Rishi Sunak, che dovrà convincere gli elettori a stare dalla sua parte, nonostante gli scandali (anche dei suoi predecessori come Boris Johnson), l’aumento del costo della vita, una crescita economica inesistente e una gestione fallimentare dell’immigrazione (la Corte Suprema britannica il 15 novembre scorso ha bocciato il piano del governo di deportare in Ruanda gli immigrati illegali).

Portogallo, Belgio e Austria

ANSA/OLIVER MATTHYS | Ex primo ministro António Costa

Portogallo, Belgio e Austria andranno al voto prima delle elezioni europee del 6-9 giugno. Dopo le dimissioni del primo ministro socialista António Costa (coinvolto in un’inchiesta di corruzione), il Portogallo si recherà (in anticipo) alle urne il prossimo 10 marzo. La Costituzione del paese della Penisola iberica consente al presidente della Repubblica il diritto di nominare un nuovo premier senza necessariamente indire elezioni anticipate. Ma per de Sousa è «fondamentale che non ci siano dubbi sulla legittimità del nuovo leader di governo, dopo il vuoto che ha sorpreso e turbato i portoghesi». Il Belgio andrà invece al voto il 9 giugno: i cittadini sono chiamati a scegliere i deputati del parlamento belga. Mentre le elezioni legislative in Austria si svolgeranno in autunno. In entrambi i Paesi europei i sondaggi danno per favoriti i partiti di estrema destra.

Il Paese più popoloso al mondo: l’India

ANSA/HARISH TYAGI | Primo ministro indiano Narendra Modi

Tra aprile e maggio 2024 si terranno le elezioni nel Paese più popoloso al mondo: l’India. Con i suoi 1,4 miliardi di abitanti (di cui 950 milioni di votanti registrati) ha superato la Cina, dal 1950 al vertice della classifica. Il primo ministro in carica Narendra Modi, del partito conservatore e nazionalista BJP (Bharatiya Janata Party), punta alla rielezione per il terzo mandato quinquennale. 73 anni, Modi gode di un’ampia popolarità nel Paese, mentre l’opposizione fatica a emergere nonostante la creazione di una coalizione di venti partiti (Indian National Developmental Inclusive Alliance) formatasi per correre alle elezioni di primavera.

Il governo autocratico di Maduro

ANSA/JOEDSON ALVES | Proteste contro il presidente Maduro

In Venezuela il governo del presidente Nicolas Maduro e i principali partiti di opposizione hanno raggiunto, lo scorso 18 ottobre, un accordo per organizzare le prossime elezioni nel secondo semestre del 2024. L’intesa, siglata a Barbados, ha aperto la strada alla revoca temporanea di alcune sanzioni statunitensi sull’export di petrolio del 2019. Non è però ancora confermato chi sfiderà il capo di Stato alle presidenziali. Toccherà aspettare la decisione della Corte Suprema, composta da persone vicine a Maduro, che il 30 ottobre scorso ha sospeso il processo delle primarie dei partiti di opposizione, non riconoscendo la candidata liberale, antichavista, María Corina Machado. La 56enne, ingegnera, era stata inoltre dichiarata ineleggibile per 15 anni dal governo del Venezuela poiché accusata di corruzione e di aver sostenuto le sanzioni internazionali contro il Paese. Per molti osservatori internazionali, la decisione dell’organo venezuelano è un tentativo di sbarrare la strada alle opposizioni nel Paese, che da circa dieci anni è governato in maniera autoritaria da Maduro. Durante il referendum del 3 dicembre, organizzato per annettere la regione occidentale della Guyana, l’Esequibo, che ha avuto esito positivo, Machado aveva invitato gli elettori a boicottare il voto.

Per la prima volta il Messico potrebbe avere una presidente donna

ANSA/ISAAC ESQUIVEL | Claudia Sheinbaum, candidata scelta dal partito di sinistra al potere

Il 2 giugno 2024 in Messico si voterà per le elezioni presidenziali e per il cambio del Parlamento. A contendersi la nomina di Capo dello Stato e succedere, così, al presidente Andrés Manuel López Obrador (che per legge non può candidarsi per un secondo mandato), ci sono due donne: la ex sindaca di Città del Messico, Claudia Sheinbaum, scelta dal partito di sinistra al potere, il Movimento di Rigenerazione Nazionale (Morena) e Xóchitl Gálvez del Partito (conservatore) di azione nazionale. Entrambe vogliono mantenere in vigore le misure contro la povertà e sono favorevoli alla depenalizzazione dell’aborto. In palio: un mandato di sei anni e il primato come unica donna presidente, finora, del Messico.

Unione europea e la (possibile) avanzata sovranista

ANSA/JULIEN WARNAND | Parlamento europeo

Tra il 6 e il 9 giugno saranno 400 milioni gli europei chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento di Strasburgo (accade ogni 5 anni). Si vota nei 27 Stati membri: l’Italia, che voterà il 9 giungo, è rappresentata da 76 deputati eletti con un sistema proporzionale, in cui ogni partito fa parte di un più ampio gruppo politico all’Istituzione europea. L’Assemblea che ne nascerà sarà quella che dovrà votare il suo gradimento alla prossima Commissione, l’organo esecutivo dell’Ue. Le previsioni mostrano come sia probabile un’avanzata di stampo sovranista, anche in seguito allo spostamento dell’asse politico verso (l’estrema) destra in diversi Paesi europei (ad esempio l’Olanda).

Le elezioni in Italia

ANSA/GIORGIO BENVENUTI

In Italia sono 5 le Regioni che andranno al voto nel 2024: Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Sardegna e Umbria. Attese inoltre le elezioni amministrative che coinvolgeranno 3.700 comuni. Tra i capoluoghi in cui verranno eletti sindaci e consigli comunali vi sono Firenze, Bari, Campobasso, Cagliari, Perugia e Potenza.

Gli Stati Uniti e l’incognita Trump

ANSA/SARAH YENESEL | L’ex presidente Usa Donald Trump

Il 5 novembre 2024 più di 160 milioni di americani sceglieranno il prossimo presidente degli Stati Uniti. La sfida, con ogni probabilità, sarà tra il dem Joe Biden e il Tycoon repubblicano Donald Trump, salvo sorprese anche in seguito alle contestazioni avanzate (e molte respinte) da una trentina di Stati sull’idoneità di Trump alla corsa presidenziale per il suo ruolo nell’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021. Due su tutti: il Michigan e la decisione diametralmente opposta del Colorado, che ha fatto appello appello al 14esimo emendamento della Costituzione americana per escludere Trump dalle primarie repubblicane. Una sua vittoria potrebbe scombussolare e ribaltare scenari interni ed equilibri internazionali: dalla guerra in Ucraina a quella in Medio Oriente; da Taiwan fino ai rapporti con l’Unione europea. Le proiezioni sulla corsa presidenziale danno Trump in vantaggio su Biden, al suo minimo storico di apprezzamento (36%).

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