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Caso Russia, Salvini non va in aula: «Non parlo della fantasia». Conte: «Lo farò io»

17 Luglio 2019 - 12:20 Redazione
Il premier riferirà in aula mercoledì prossimo 24 luglio, alle 16:30

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte prende in contropiede Matteo Salvini per la seconda volta in pochi giorni sulla vicenda della presunta trattativa per portare fondi russi nelle casse della Lega.

Il premier ha fatto sapere che interverrà nell’Aula del Senato il 24 luglio, alle 16:30, proprio per parlare dell’inchiesta che ha messo in seria difficoltà il leader leghista. Non sono ancora noti i contenuti del suo intervento, né se si tratterà di un’informativa o di una comunicazione.

La replica di Salvini

Alle parole del premier Conte risponde il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Alla domanda se fosse intenzionato a riferire in Aula sulla vicenda dei fondi russi alla Lega ha risposto, lapidario: «Non riferisco sulla fantasia».

Salvini ha poi chiarito: «C’è un’inchiesta aperta da mesi, bene, la chiudano – ha aggiunto Salvini – Siamo assolutamente tranquilli, aspettiamo con ansia la chiusura di queste indagini. Quando vado all’estero, oggi vado in Finlandia, non è per affari ma per difendere l’interesse del mio Paese come quando vado a Washington, Mosca, Pechino, Tel Aviv. Se in Finlandia mi facessero una domanda sulla questione Russia non sarei imbarazzato, possono farti la domanda anche sui Fantastici 4 e risponderei con assoluta tranquillità».

La lite sul vertice con le parti sociali

Il conflitto istituzionale tra il premier e il ministro dell’Interno è cominciato col vertice al Viminale con le parti sociali, in cui Salvini ha provato a dettare i tempi della manovra, salvo poi tornare sui suoi passi a conflitto ormai esploso.

Dopo la riunione, Conte aveva chiamato i giornalisti in fretta e furia e aveva accusato Salvini di aver compiuto una scorrettezza istituzionale, attaccandolo sul suo punto debole: a chi gli chiedeva se Salvini si sarebbe dovuto presentare in Parlamento per riferire sullo scandalo del Metropol, il premier aveva risposto: «Perché no?».

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