Coronavirus, sospesi gli esami di stato per i medici: «Paradossale non poter aiutare in questa situazione»

«C’è la frustrazione di non poter far nulla», dicono gli abilitandi a Open. «Non possiamo dare una mano in questo momento di crisi»

2.600 neolaureati in medicina e chirurgia hanno sottoscritto una lettera al Ministero dell’Istruzione e dell’Università per chiedere chiarimenti in merito al rinvio dell’esame di stato per l’abilitazione alla professione, indetto a seguito dell’emergenza Coronavirus in Italia. A segnalare la questione a Open è stata Alessandra Iorfida, una tra gli abilitanti tagliati fuori dalla sessione, che ha definito la decisione del Miur un vero e proprio controsenso: «Siamo in piena emergenza e non siamo messi nelle condizioni di poter dare una mano», ha detto a Open. «Senza l’abilitazione, ogni nostro esercizio è abuso di professione, e quindi vietato».


Alessandra ha 28 anni, è di Trento e ha studiato medicina a Pisa. Prima dell’esplosione dei contagi da SARS-CoV-2 in Italia, era in procinto di dare l’esame di Stato per essere abilitata alla professione dopo 6 anni di studi. Fino a che, il 24 febbraio, è arrivata una comunicazione del Miur (la nota 5383): vista la necessità di gestire i rischi legati all’epidemia, «la data della seconda sessione dell’esame 2019, prevista per il 28 febbraio p.v. è rinviata a data da destinarsi».


Nota ministeriale

Dopo l’introduzione dello smart working per le aziende, dell’e-learning per alcune scuole chiuse e a seguito della riapertura dei locali dopo le 18 in Lombardia, a rimanere senza soluzioni è dunque ancora il settore dell’Università.

«Frustrante non poter essere utili»

«Mi sono laureata a maggio e sono 9 mesi che non posso fare niente di quello per cui ho studiato», ha detto Alessandra, preoccupata non poco della dicitura «rinviata a data da destinarsi» usata dal Ministero. «Quando l’università a Milano e in Lombardia sono state chiuse, numerosi ex rappresentanti degli studenti hanno deciso di mandare un’email al Miur per trovare delle situazioni alternative», ha aggiunto.

«Perché tenerci fermi è un paradosso: chi viene dal Piemonte, dalla Lombardia, dal Veneto e dall’Emilia Romagna vive molto duramente questa emergenza. C’è la frustrazione di non poter far nulla. Non possiamo dare una mano perché sarebbe abuso della professione, ma stiamo parlando di oltre 6mila di futuri medici fermi».

Nella lettera, inoltre, emerge anche un altro problema: quello dello slittamento compromettente delle tempistiche per i concorsi e le scuole di specializzazione. «Riteniamo – si legge – che uno slittamento a data da definirsi della parte scritta possa comportare seri problemi organizzativi, non solo per chi tra noi ha vinto borse di Medicina Generale o ha in programma l’iscrizione a Scuole di Specializzazione estere, ma anche per i concorsi futuri, uno su tutti il Concorso Nazionale per le Scuole di Specializzazione».

La proposta degli abilitandi

Dopo aver completato i 6 anni di Università, il laureato in medicina non può fare niente finché non passa l’esame statale di abilitazione. La prova c’è 2 volte l’anno (o a febbraio o a luglio), preceduta da 3 mesi di tirocinio pratico valutativo – durante il quale l’abilitando viene valutato per tre volte, alla fine di ogni mese di pratica.

«Noi chiediamo una soluzione al più presto – dice ancora Alessandra – che può essere o è quella di considerare solo la valutazione dei tirocini, o quella di effettuare un test di tipo telematico. La ministra Azzolina ha parlato di e-learning per la scuola, perché noi non possiamo fare l’esame da casa? Non vogliamo sconti, vogliamo solo abilitarci il più presto possibile ed essere utili alla comunità».

Il parere degli esperti

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