Coronavirus, operaio Usa licenziato da Amazon per aver organizzato uno sciopero contro la mancanza di sicurezza

Intanto, nello stabilimento vicino Roma, la Prefettura ha deciso di ridurre la filiera produttiva

Negli Stati Uniti, a Staten Island, un operaio è stato licenziato da Amazon per aver organizzato uno sciopero insieme ad altri colleghi nel tentativo di chiedere maggiori misure di sicurezza vista l’emergenza sanitaria da Coronavirus. All’atto del licenziamento, l’azienda ha giustificato la cosa dicendo che il dipendente era venuto meno alle regole imposte per la pandemia, organizzando un assembramento, violando dunque le misure del distanziamento sociale e mettendo a repentaglio la sicurezza altrui.


«Questo è un dato di fatto del perché non si preoccupano dei loro dipendenti, di licenziare qualcuno dopo cinque anni per aver difeso le persone e aver cercato di dar loro voce», ha detto l’operaio Chris Smalls a Vice. Amazon ha replicato, raccontando come il suo dipendente fosse contravvenuto all’ordine di mettersi in quarantena per essere entrato in contatto, tempo prima, con un altro dipendente risultato positivo al Covid.


«È stato scoperto che aveva avuto stretti contatti con un associato diagnosticato con un caso confermato di Covid e gli è stato chiesto di rimanere a casa con la paga per 14 giorni, che è una misura che stiamo adottando nei siti di tutto il mondo», ha dichiarato l’azienda. Poi: «Nonostante le istruzioni per rimanere a casa con i salari, è arrivato sul posto oggi, 30 marzo, mettendo ulteriormente a rischio le squadre. Questo è inaccettabile e abbiamo terminato il suo impiego a causa di questi molteplici problemi di sicurezza».

Sulla vicenda si è espressa Athena, un’associazione che si occupa di giustizia sociale ed economica e che lavora per contrastare l’influenza fuori misura di Amazon sull’economia e le politiche pubbliche. «Chris, insieme a molti dei suoi colleghi a New York e in tutto il paese, ha osato dire la verità sulle condizioni pericolose nelle strutture di Amazon”, hanno detto i direttori di Athena, Make the Road NY e New York Communities for Change in una dichiarazione congiunta: «Possiamo solo concludere dicendo che invece di ascoltare le persone che stanno effettivamente rischiando la vita in prima linea, Amazon preferirebbe semplicemente tacere sulle condizioni di lavoro di Amazon, che ora sono una preoccupazione nazionale per la salute pubblica».

Intanto, a Roma

La prefettura di Rieti ha disposto nuove misure per la sede Amazon di Passo Corese, il più grande polo produttivo del centro e su Italia, a 30 chilometri dalla Roma. Per la prima volta, vista l’eccezionalità degli eventi – e il primo caso di positività al Covid si sabato scorso -, il prefetto ha stabilito che verrà ridotta al minimo la filiera produttiva: il gigante di Jeff Bezos potrà ricevere ordini dai clienti e assicurarli solo nel caso in cui si tratti di beni essenziali, come ad esempio i medicinali.

Come per lo stabilimento di Torrazza Piemonte, anche qui i sindacati sono riusciti a spuntarla, ottenendo precauzioni minime come il distanziamento tra le postazioni lavorative e, ad ogni lavoratore, a inizio turno, verrà misurata la temperatura. Oltre i 37,5 gradi, il dipendente dovrà tornare a casa per garantire la sicurezza dei colleghi.

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