Coronavirus. I calcoli del Comitato tecnico scientifico sono sbagliati? Abbiamo qualche dubbio

Contestano lo studio del Comitato tecnico scientifico usato per la fase 2. Ci sono dubbi su più fronti che necessitano risposte

Oggi, 29 aprile 2020, Linkiesta pubblica un articolo dal titolo «Errore rosso – I calcoli del Comitato tecnico scientifico che hanno convinto Conte a farci restare a casa forse sono sbagliati» dove viene riportata un’analisi statistico-matematica della Holding Carisma:

Secondo l’analisi statistico-matematica di Carisma, per raggiungere il picco di 150mila pazienti in terapia intensiva, come detto dagli esperti del governo, dovrebbero esserci 150 milioni di italiani con più di 20 anni. Peccato che siamo in tutto 60 milioni

Sul sito di Carisma troviamo l’analisi riportata per sostenere che il documento del Comitato tecnico scientifico sia sbagliato «a mero titolo di dibattito statistico matematico». Leggendo attentamente entrambi i documenti sorgono molti dubbi perché qualcosa non quadra.

Primo dubbio, Carisma

Nelle analisi di Carisma leggiamo:

1. Si dice che si utilizza un ifr (uguale tasso di fatalità) su contagi pari 0,657% (Pagina 2):
Pertanto calcolando il numero di decessi ufficiali (8.311) in Lombardia al momento del picco della terapia intensiva (3 Aprile – come noto inferiore ai dati Istat differenziali rispetto all’anno scorso e quindi stima chiaramente per difetto) si tratta di 1.385.000 contagiati

2. Si dice (figura 1) che il tasso di incidenza di “caso critico” su infezioni (quindi i 1,3 milioni di casi in Lombardia) sia stato stimato partendo dal tasso di infezione e letalità di cui sopra. Pagina 2

3.Poiché i casi di terapia intensiva in Lombardia sono stati al picco 1.381 e attualmente circa 724, si desume che l’incidenza tra casi terapia intensiva e infezione (il grafico di figura 1) è mediamente 0,1% (divisione semplice fatta secondo i metodi del comitato tecnico scientifico).

Il dato dello 0,1% è stato stimato in base al picco dei 1.381 casi di terapia intensiva (punto 3) messo in relazione con il dato dei 1.385.000 contagiati (punto 1). Per farla semplice, il picco di 1.381 equivale allo 0,1% del dato al punto 1, ma c’è un problema.

Risulta logico comprendere che i posti in terapia intensiva, durante l’emergenza, non siano stati in tutto 1.381. Bisognerebbe considerare il flusso delle persone che sono entrate e uscite dalla terapia intensiva, dove abbiamo guariti, spostati in altri reparti dalla stessa terapia intensiva o deceduti. Tanto che uno studio prendeva in esame tutti i pazienti entrati in terapia intensiva in Lombardia dal 20 febbraio al 18 marzo (quando ancora non avevamo toccato il picco) dove contiamo 1.591 casi, già oltre il dato considerato da Carisma. È passato oltre un mese dal 18 marzo e questi numeri potrebbero essere di gran lunga superiori.

Sulla base di quel dato Carisma calcola:

applicando l’esperienza di incidenza della terapia intensiva in Lombardia di cui sopra, e utilizzando i parametri molto conservativi del cts, si arriva a sostenere che partendo dal dato consuntivo in Lombardia (0,1% al picco) esisterebbero in Italia 150 milioni di cittadini (151k/0,1%) ndr con età superiore a 20 anni perché come noto sotto tale età l’incidenza della terapia intensiva è trascurabile. Vorremmo conoscere subito i 100 milioni di connazionali a noi ignoti.

Il dato dei 151.000 riguarda i pazienti in terapia intensiva in data 8 giugno 2020 stimati dal Comitato tecnico scientifico in caso di un’apertura totale. Considerando il dato dello 0,1% stimato al picco ci ritroveremo effettivamente a dover cercare milioni di italiani «non pervenuti» all’anagrafe. Se quel dato fosse quattro volte superiore, quindi arrivando allo 0,4%, avremmo un dato ben diverso di contagiati: circa 37.750.000 di casi positivi (151k/0.4%), facendo quadrare i conti come vedremo più avanti.

Secondo dubbio, Carisma

Lorenzo Marrucci, professore del dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, spiega in un paio di tweet una sua analisi su quanto considerato da Carisma:

Tweet 1: «Apprezzo linkiesta, ma temo che in questo caso prendete una cantonata. La discrepanza di cui si parla è in realtà dovuta al fatto che il com. tecnico stima la prob. di criticità (fig.1) includendo anche tutti i morti da covid, anche quando non sono finiti in terapia intensiva.»

Tweet 2: «Vede, le funzioni con andamento esponenziale hanno questa caratteristica, crescono piuttosto rapidamente. La propagazione del virus ha un andamento esponenziale a condizioni costanti. Quindi, se R0>1, in pochi mesi si potrebbe arrivare a numeri incredibili di casi critici.»

Tweet 3: «Tuttavia il punto è che il rapporto discusso non usa SOLO le persone che sono state in TI per stimare la probabilità di essere critico, ma include anche tutti i morti che in TI non ci sono mai finiti. @GiovanniCagnol1 [n.d.r. Carisma] invece basa le sue analisi sui numeri effettivi di TI»

Tweet 4: «Questo è il motivo per cui sostiene che il rapporto commetta un errore di calcolo, che non c’è. Con questo non voglio affermare che la scelta del governo di riaprire così lentamente sia giusta (ho i miei dubbi al riguardo), ma solo chiarire questo specifico punto tecnico.»

Detto questo, passiamo ai dubbi riscontrati sulla relazione del Comitato tecnico scientifico.

I dubbi sul Comitato tecnico scientifico

Dalla relazione del Comitato tecnico scientifico c’è un punto che non convince, o forse più di uno. Ad esempio, non si comprende quale possa essere il numero dei contagiati in caso di riapertura totale in data 8 giugno 2020 dove si potrebbero contare, secondo le stime del Comitato, 151 mila pazienti passati in terapia intensiva. Questo aiuterebbe a fare ulteriori calcoli, ma c’è un dato che non quadra e riguarda i 440 mila pazienti passati in terapia intensiva in data 31 dicembre 2020 in caso di riapertura totale, troppo alto.

Il 22 aprile 2020 Matteo Villa, ricercatore all’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) di Milano, aveva pubblicato alcune analisi in cui sosteneva la possibilità di arrivare – in caso di riapertura totale – a 40 milioni di infetti in circa 3 mesi arrivando a toccare un numero pari a 200.000 pazienti passati in terapia intensiva, ossia lo 0,5%. Numeri alti che in qualche modo vanno ad allinearsi con la stima del professor Marrucci quando dice «in pochi mesi si potrebbe arrivare a numeri incredibili di casi critici».

Contagiati 40 milioni di italiani mancano all’appello circa 20 milioni, ma risulterebbe difficile arrivare in data 31 dicembre 2020 a 440 mila casi di pazienti Covid-19 passati per la terapia intensiva. Dobbiamo, inoltre, considerare che nel frattempo la ricerca sta facendo dei passi avanti nella cura dei pazienti per impedire che ci finiscano veramente in terapia intensiva, anche per questo la stima di dicembre potrebbe risultare esagerata.

Conclusioni

Di fronte a questi dubbi non si hanno certezze. A tal proposito il Comitato tecnico scientifico dovrebbe fare chiarezza, già domani durante una conferenza stampa dell’Istituto Superiore di Sanità, rispondendo punto per punto alle analisi di Carisma e spiegando come possano considerare il dato catastrofico del 31 dicembre 2020 in caso di apertura totale.

Aggiornamento

Nell’articolo del 30 aprile 2020 abbiamo riportato le risposte date durante la conferenza stampa dell’Istituto Superiore di sanità:

Con qualche ironia, Merler ha intitolato “Scusate l’interruzione” la slide usata per rispondere alle contestazioni. E ha poi spiegato che il principale errore fatto da Carisma, nell’articolo ripreso anche da Linkiesta, è stato non inserire i morti tra i casi critici (che poi sono stati messi in rapporto ai contagi). Un errore non da poco, attacca Merler: «La loro Y, cioè il rapporto tra le persone in terapia intensiva al picco e il totale dei contagiati, non ho idea di cosa significhi».

Il tempo di insorgenza dei sintomi in  Lombardia è stato di 6,6 giorni in media. «Siamo stati criticati e qualcuno ha detto che abbiamo sbagliato conti: ma ad oggi si può essere infettato il 3-4% della  popolazione, cioè 4 milioni, quindi i positivi in grado di trasmettere l’infezione devono essere moltiplicati per 10 o 20, sono numeri molto più grandi».

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