Covid-19. I vaccini antinfluenzali sono contaminati con i Coronavirus dei cani? La bufala dell’immunologa No Vax

Analizziamo tutte le bufale No vax sostenute da Dolores Cahil, la ricercatrice dalle “sconvolgenti rivelazioni” pseudoscientifiche

Ci avete segnalato un video ancora online su YouTube nel momento in cui scriviamo – dall’11 maggio – dove si intervista Dolores Cahill, presentata come «immunologa». Il filmato risulta essere stato già censurato dal canale dell’autore dell’intervista Dave Cullen, ma evidentemente continua a essere ricaricato in altri account in maniera quasi del tutto indisturbata.

Sintesi

Nel video la presunta esperta esprime una serie di affermazioni che mettono in relazione i vaccini antinfluenzali al Covid-19 e scoraggiano l’adozione di misure di distanziamento sociale, visto che secondo lei solo attraverso i contatti sociali saremmo in grado di immunizzarci.

Si tratta di narrazioni già smontate in numerosi articoli precedenti. Non è la prima volta che ci troviamo a dover analizzare un nocumentario di palese stampo No vax, dove vengono diffuse tesi pseudoscientifiche pericolose.

Analizziamo ora punto per punto le principali affermazioni di Cahill, allegando alla fine di ogni paragrafo una cernita essenziale dei nostri precedenti fact checking. Prima però cerchiamo di capire chi abbiamo di fronte.

Chi è Dolores Cahill

Cahill è la presidente del partito di estrema destra Irish Freedom Party. Sul database bibliografico della letteratura accademica Scopus, risulta solo una certa Cahill, Dolores Josephine del University College di Dublino. L’ultimo articolo scientifico da lei firmato risale al 2017, pubblicato su Rheumatology, e risulta ritrattato. Per la precisione, l’ultima datazione su Scopus riguarda proprio la ritrattazione, mentre la ricerca apparve per la prima volta nel maggio 2016.

«La ritrattazione è stata concordata a causa della scoperta di errori significativi relativi ai metodi e alla presentazione dei risultati», spiega la nota dell’editore.

Da allora su Scopus non risultano altri lavori della professoressa. La cosa ci incuriosisce, così abbiamo provato a scavare un po’ a fondo: cos’ha che non va questo articolo? Ci viene in aiuto il sito Retraction Watch, che esamina e cataloga gli articoli ritrattati, dove viene dedicato un post proprio a quello di Cahill.

L’articolo collegava il vaccino HPV (contro il PapillomaVirus) a problemi comportamentali nei topi. Il principale autore dello studio Yehuda Shoenfeld intervistato da Retraction Watch non si capacita della ritrattazione e delle pesanti critiche rivolte ai metodi utilizzati, ritenuti scorretti.

In sostanza, dalla ricerca risulterebbe che gli autoanticorpi generati a seguito del vaccino, ​​«penetrano nelle cellule neuronali attraverso la proteina associata alla crescita neuronale, colpendo le cellule neuronali in vitro». Retraction Watch non è riuscita a ottenere spiegazioni dall’editore, ma riporta una analisi di David Hawkes del Victorian Cytology Service in Australia, che ci potrebbe far intuire le ragioni dell’imbarazzo da parte della Rivista, ritenuta piuttosto autorevole:

«Il problema con le informazioni sui metodi nel documento … è che non ci sono abbastanza informazioni per riprodurre questi esperimenti. Inoltre, i dati si sono spostati dando risultati contraddittori quando sono stati considerati sia il documento originale che il supplemento … Il problema è che il documento è estremamente difettoso ed è difficile capire come ciò sia passato attraverso un processo di revisione tra pari».

Forse a questo punto non vi sorprenderà, ma Yehuda Shoenfeld (mentore di Cahill) è un personaggio molto seguito negli ambienti No vax, come riporta in un report sulla Pseudoscienza vaccinale il professor Enrico Bucci.

«Shoenfeld, che si presenta sempre come un grande sostenitore dei vaccini – continua Bucci a pag. 11 – in realtà da sempre pubblica articoli in cui si sostiene che gli adiuvanti utilizzati per i vaccini causino infiammazione e quindi danno neurologico. Ha dovuto ripetutamente correggere e ritrattare suoi lavori, che sono risultati gravemente compromessi dal punto di vista metodologico».

Tanto uccide soprattutto gli ottantenni

Non è facile stimare la letalità del virus, che ci darebbe una cifra più precisa di quanto in sé faccia danni, mentre la mortalità non può escludere le patologie pregresse a cui fa accenno Cahill. Si tratta di discorsi che potevano avere un minimo di ragion d’essere a gennaio, quando sapevamo davvero pochissimo del Covid-19, con dati frammentari provenienti soprattutto dalla Cina.

«In tutto il mondo, più della metà dei decessi sono avvenuti per persone di più di 80 anni con patologie pregresse».

Al momento possiamo fare riferimento a stime per fasce d’età. Per gli over 80 il rischio sale effettivamente al 18%, ma non ci sono solo loro. Essere anziani, immunodepressi o con patologie pregresse non rende le persone pazienti di serie B e non giustifica il lassismo nei confronti delle misure di contenimento, senza contare che finire in terapia intensiva anche sopravvivendo all’esperienza, non è proprio come farsi il weekend a letto con l’influenza.

Le mirabolanti proprietà antivirali delle Vitamine

La signora rimprovera allora la mancata divulgazione di quelle che secondo lei sarebbero state le informazioni corrette da fornire nell’immediato, ovvero sulle proprietà delle vitamine C e D. Queste infatti avrebbero potuto innalzare le difese immunitarie negli anziani.

«Anche queste persone avrebbero potuto essere salvate diffondendo tempestivamente le informazioni preventive giuste: prendere vitamina C, D e zinco per innalzare le difese immunitarie, e tenere le compresse di clorochina a portata di mano».

Abbiamo affrontato l’argomento in mille salse. Certamente una carenza di vitamine può essere problematica, ma questo non significa che assumerne grandi dosi porti il nostro Sistema immunitario a proteggerci da nuovi patogeni.

Alcuni dei promotori di queste idee hanno un tornaconto nel vendere appositi integratori vitaminici, altri sono in buona fede e cercano davvero di dimostrare una qualche efficacia, ma senza produrre risultati.

La correlazione coi vaccini antinfluenzali

Non poteva mancare qualche suggestione No vax, avanzando la correlazione spuria tra campagne vaccinali contro l’influenza stagionale e il boom di casi in Italia. Con la forza del cherry picking i guru di queste tesi pescano su PubMed e vari archivi di articoli preprint (quando non pubblicati su riviste predatorie), qualsiasi cosa – anche solo per assonanza – somigli a una prova che i vaccini antinfluenzali c’entrino qualcosa col SARS-CoV2, trascurando invece la mole di dati che smentisce già in pieno queste congetture. Lo abbiamo visto tante volte nei nostri precedenti articoli.

«A Wuhan e nel nord Italia ci sono stato molti casi gravi a causa di vaste campagne di vaccinazione contro l’influenza e lo pneumococco, vaccini prodotti tra l’altro su siero di cane, e il cane è portatore di vari coronavirus. Questo ha provocato un’iperreazione immunitaria per i vaccinati».

Ma la parte che ci ha colpito di più – se non altro perché ci pare inedita – è quella del «siero di cane» utilizzato nella produzione dei vaccini. Si fa riferimento anche alla possibilità che questi siano ospiti dei Coronavirus.

Tali affermazioni non c’entrano niente con la possibilità di venire infettati dal Covid-19 attraverso i vaccini, possiamo solo ipotizzare – visto che non vengono presentate fonti – sulla base di quali elementi venga generata questa narrazione.

Sappiamo che nelle colture i virus devono essere messi in condizione di infettare altre cellule, altrimenti non possono moltiplicarsi da sé, e non sarebbe possibile di fatto isolarli. Si usano a questo scopo delle linee cellulari derivate solitamente da reni animali. La linea di cellule Vero per esempio, deriva dal Cercopiteco grigioverde, ed è usata per isolare i Coronavirus.

Buona parte dei vaccini antinfluenzali viene creata, almeno in una delle fasi di produzione, a partire da «uova embrionate di pollo», in tempi recenti si stanno utilizzando anche altre linee cellulari animali, perché più sicure e con maggiore capacità produttiva. Esistono per esempio le Madin-Darby, che effettivamente provengono da cellule dell’epitelio renale dei cani.

Sappiamo che esistono anche Coronavirus ospitati dai cani, ed è noto; quindi la loro presenza verrebbe comunque rilevata, supponendo che chi produce i vaccini sia così tonto da non accorgersi di aver isolato il virus sbagliato. Non di meno, in Italia l’uso di altre linee cellulari è piuttosto limitato, riservato per lo più alla somministrazione nei medici.

Precisiamo inoltre che i Coronavirus di cani e gatti – come appurato da mesi, smentendo odiose bufale a danno dei nostri animali domestici – non infettano gli esseri umani. Resta un mistero in che modo, un patogeno possa contaminare dei vaccini oggi, superando tutti i controlli previsti.

A conferma del fatto che parliamo di tesi campate per aria, facciamo notare che in Cina le coperture vaccinali contro l’influenza sono estremamente basse (solo il 4% degli anziani si vaccina), per il resto della popolazione le cose non vanno meglio. Ad ogni modo ricordiamo (per l’ennesima volta) che i vaccini antinfluenzali non contengono virus, ma frammenti di essi o i soli antigeni.

Distanziamento sociale e difese immunitarie

Il delirio più totale si raggiunge verso la fine, quando si sostiene che in fondo le misure di confinamento non solo sarebbero inutili, ma faciliterebbero la diffusione dell’epidemia. Insomma, o l’epidemiologia è una branca scientifica ideata fin dagli esordi per prenderci tutti in giro, oppure c’è qualcosa che non va. 

«Il confinamento è un’assurdità perché le difese immunitarie si rinforzano frequentando le altre persone e stando all’aria aperta … Portare le mascherine è contro-producente per l’immunità perché riduce l’apporto di ossigeno».

In un recente articolo parlavamo di come esistano calcoli matematici e statistici, in grado di restituirci proiezioni sull’andamento delle epidemie, basati su quanto i singoli positivi possano essere in grado di infettare gli altri, ed entro quali tempi. 

Fattori come R0, Rt e il modello SIR, si fondano sulle nostre conoscenze riguardo alle dinamiche della diffusione dei virus, sulla base della loro capacità di diffusione, relativamente alla presenza nella popolazione di suscettibili, infetti e rimossi (immuni e deceduti). Una recente simulazione pubblicata sul Washington Post, mostra come le misure di distanziamento sociale fossero indispensabili per ridurre le occasioni del virus di diffondersi. 

Stupisce il fatto che una persona presentata come «immunologa di fama internazionale» non conosca la letteratura scientifica che ha fatto la Storia dell’epidemiologia dal XIX Secolo a oggi, sulla quale si basano tutti questi modelli e calcoli. 

I follower di questi personaggi probabilmente non lo sanno, ma per un immunologo questo dovrebbe essere l’Abc. Non esiste una immunizzazione universale. Non è che se si viene infettati da qualsiasi virus e batterio sviluppando degli anticorpi, allora questi ci proteggeranno anche da tutti gli altri. 

Clorochina terapia definitiva?

Tornano allora le suggestive allusioni riguardo a un business volto a farci comprare un vaccino, come il PittCoVacc, a scapito di quelle che sarebbero le vere terapie già esistenti; per esempio mediante la clorochina, principio attivo usato contro la malaria.

«L’idrossiclorochina è efficace, economica e disponibile in grandi quantità in tutto il mondo; quindi i media devono smettere di dire che non esiste una terapia».

Anche a causa dell’eccessivo entusiasmo del presidente americano Donald Trump, in molti pensano che BigPharma voglia censurare i successi della clorochina. Alla faccia della censura, buona parte della letteratura scientifica sulle terapie contro il Covid-19, riguardano proprio l’idrossoclorochina e la clorochina. C’è grande attenzione in merito.

Il problema è un altro. Non tutti rispondiamo allo stesso modo ai farmaci e occorre dimostrarne la sicurezza, in modo che gli effetti collaterali non vadano oltre i benefici. Proprio in Usa una famiglia che ha preso sul serio questo genere di guru è finita piuttosto male. 

Conclusione – Disseminare il panico

Ci fa piacere che alla fine dell’intervista Cahill affermi di essere disponibile a fornire i suoi dati ai governi, onde far cessare il panico suscitato da questa pandemia.

«Dolores Cahill è disponibile a fornire dati scientifici per qualsiasi confronto con membri del governo e delle autorità sanitarie, per qualsiasi azione in giustizia mirata a difendere la salute collettiva … Ovviamente la cosa più importante è diffondere al massimo queste informazioni per rassicurare la gente e far sparire il panico generale».

Siamo tutti in attesa di leggere le sue fonti. Dovrà pur esserci traccia nella letteratura scientifica di tali scoperte, magari non ritrattate. Fino ad allora ci accontenteremo di quanto già appurato dalla Comunità scientifica, in particolare da epidemiologi, virologi e infettivologi; non solo riguardo a questo Coronavirus, ma all’esperienza sul campo nella ricerca riguardo a tante altre epidemie e pandemie che l’umanità ha dovuto affrontare.

Il parere degli esperti:

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