La Covid-19 ha rivelato il maschilismo della comunità scientifica? Il metodo scientifico non ha genere

La virologa del Sacco viene criticata in quanto donna? La scienza non conosce differenze di genere

Secondo la virologa dell’ospedale Luigi Sacco di Milano Maria Rita Gismondo, la reazione critica dei colleghi alle sue affermazioni controverse sul nuovo Coronavirus sarebbe un «massacro» volto alla sua persona in quanto donna. «Una dichiarazione fatta prima da Burioni e il giorno dopo da Pregliasco e dal Cnr, ecco, la minimizzatrice sono rimasta solo io – afferma la virologa in una recente intervista -. È un difetto della comunicazione: molti giornalisti vanno alla ricerca dello scoop o sensazione impattante e non della notizia vera… C’era una donna da massacrare e quella hanno trovato. Così mi sono ritirata dai media. Anche perché si sfocia nell’infodemia: un eccesso di presenza dei virologi che così in brevissimo tempo sono diventati delle star e delle soubrette».

Abbiamo riscontrato in precedenti articoli come i pregiudizi sessisti possano aver limitato la carriera delle donne in ambito scientifico, nonostante il contributo importante di tante scienziate, rimaste all’ombra dei colleghi uomini. È questa la situazione attuale di Gismondo?

Sintesi

Sono almeno tre le affermazioni che hanno fatto sobbalzare diversi suoi colleghi, tra questi Roberto Burioni. La prima, che getta la virologa alla ribalta mediatica, risale al febbraio 2020 quando Gismondi definisce la Covid-19 «poco più che una influenza»; ad aprile il Fatto Quotidiano pubblica un suo articolo in cui cita una ricerca, secondo lei «stranamente ritirata» nella quale si troverebbero proteine dell’HIV nel SARS-CoV2, affermando che «comunque la si voglia pensare, non esiste una proprietà transitiva che affermi virus naturale = virus non diffuso volontariamente o scappato dal laboratorio.

Nessuno può pretendere né mai saprà la verità»; infine, secondo Gismondo il vaccino di Moderna farebbe «diventare noi stessi degli organismi geneticamente modificati … si tratta a tutti gli effetti di una terapia genica».
Queste affermazioni sono plausibili, quindi le critiche degli scienziati alla virologa sarebbero mero sessismo? Oppure il metodo scientifico è neutro, e le affermazioni non conformi ai dati reali sono biasimabili, a prescindere dal genere di chi le fa? È quanto cercheremo di chiarire in questo articolo.

Covid-19: una malattia poco più grave dell’influenza

Partiamo da una delle affermazioni più discutibili della virologa. Gismondi si avvaleva del confronto tra i decessi dell’influenza nel corso della settimana precedente «217 decessi al giorno», a fronte di quelli della Covid-19 «per Coronavirus 1». Quei dati erano stati estrapolati dal Sismg (sistema di sorveglianza della mortalità giornaliera). Si faceva riferimento però ai decessi totali in 19 città, confrontati coi medesimi dell’anno precedente. A febbraio i casi confermati di positivi al SARS-CoV2 erano arrivati a 132, di questi il 20% era in rianimazione. Nulla di paragonabile con l’influenza stagionale.

«Ecco i 217 morti al giorno per influenza – commentava Burioni su Facebook – Ecco da dove se li è inventati. Non sono quelli per influenza, sono quelli totali in 19 città che vengono paragonati con quelli dell’anno precedente. Lei era stanca e ha sbagliato (capita, siamo tutti sotto pressione immane) ma i giornali hanno riportato senza controllare. Ci vuole maggiore attenzione».

È vero che nelle prime fasi quasi tutti tendevano a minimizzare, visto che i dati arrivavano parzialmente e quasi esclusivamente dalla Cina. Ilaria Capua per esempio parlava di una malattia simil-influenzale, sostenendo però che non ci fosse «né da ridere né da piangere». Sì, perché è il contesto in cui certe affermazioni vengono dette a fare la differenza. Gismondo all’epoca definiva l’emergenza «una follia», lamentando di dover passare assieme al suo team la «domenica al Sacco» per identificare i positivi.

Anche oggi qualcuno sembra non voler prendere atto dei dati a disposizione. Così, non mancano gli esperti maschi criticati per altre affermazioni discutibili. Sono stati fatti, per esempio, confronti impropri tra i dati riguardanti intere stagioni influenzali con quelli in divenire della Covid-19. Difficilmente poi è possibile paragonare l’emergenza nei reparti di terapia intensiva, coi danni dell’influenza nei Sistemi sanitari, tanto che qualcuno ha sostenuto presunte decisioni estreme, secondo le quali i medici avrebbero scelto chi poteva vivere o morire. Tutte affermazioni prive di fondamento, fatte spesso da maschi. 

Di genere maschile sono anche l’immunologo Matteo Bassetti, il pneumologo Roberto De Donno, e il primario del San Raffaele Alberto Zangrillo; tutti puntualmente «massacrati» (termine molto in voga nelle «tifoserie») dai colleghi, per alcune loro affermazioni ritenute discutibili. Tanti altri – maschi col camice – finiscono oggetto di critica, per la facilita con cui riescono a far passare dati contrari alle loro affermazioni come mere opinioni. In questi casi però non viene spesa la carta sessista, ma quella del principio di autorità.

L’ipotesi del virus fuggito da un laboratorio

La tesi di complotto che ha avuto maggior successo è senz’altro quella del virus fuggito da un laboratorio – più o meno ingegnerizzato – nell’ambito di sperimentazioni finite male. Gismondo non afferma direttamente di crederci, ma ha fatto dichiarazioni, come quelle citate sopra, che sembrano strizzare l’occhio ai teorici del complotto. 

Da mesi per il progetto Fact checking facciamo notare che tutte le evidenze a disposizione, sul genoma virale e sulle più basilari nozioni epidemiologiche, contraddicono queste tesi. Sta a chi sostiene il contrario presentare prove, a prescindere dal genere sessuale. Qui di seguito proponiamo una selezione dei nostri articoli più recenti, con link a fonti e ad altre analisi precedenti. Noterete che quasi mai le donne risultano oggetto di critica:

Il vaccino di Moderna che ci trasformerebbe in OGM

Non solo le accuse di sessismo, ma anche l’uso di concetti ansiogeni, come «geneticamente modificato», possono essere utilizzati per liquidare le critiche. Lo abbiamo mostrato analizzando le affermazioni della deputata Sara Cunial, rilanciate anche dal blog del maschio Claudio Messora. Il vaccino di Moderna non utilizza nemmeno vettori virali, ovvero virus modificati per risultare innocui, come quelli di  Johnson & Johnson, AstraZeneca e CanSino

Si tratta di un vaccino che utilizza un frammento di mRNA (RNA messaggero), con le informazioni per produrre il principale antigene del SARS-CoV2. Questo non può integrarsi nel genoma di altri virus, rendendoli più potenti, o aggiungersi al nostro rendendoci «geneticamente modificati», come avverrebbe con tecniche quali il CRISPR-Cas9. Tradotto nei ribosomi nella proteina Spike (S), che fungerà da antigene per la produzione di anticorpi specifici, l’mRNA finisce poi per essere degradato da enzimi a ciò deputati.

L’associazione Biologi per la Scienza fa notare che le affermazioni di Gismondo contraddicono un principio elementare della biologia, ovvero il «dogma centrale della biologia»: 

«Il DNA viene trascritto in RNA e l’RNA viene tradotto in proteina (DNA→RNA→proteina), e mai il contrario», spiegano i biologi. Con una eccezione nel caso dei retrovirus. «questa affermazione – continuano gli autori – non è solo così sbagliata che se l’avessimo detto noi a un esame a quest’ora ci chiameremmo probabilmente Biologi Senza Denti, ma è anche pericolosa perché mette assieme i tre classici spauracchi pseudoscientifici: un vago pericolo, gli OGM e i vaccini».

Aperti comunque ad ogni possibilità – a patto che vengano presentate prove robuste – chiediamo a Gismondo quale sarebbe l’enzima che nel nostro Organismo potrebbe trasformare l’mRNA in una molecola di DNA? Quale invece integrerebbe tale segmento di acido nucleico nei nostri cromosomi? Certo, si potrebbero utilizzare intenzionalmente dei vettori retrovirali, i quali potrebbero disporre di tali enzimi; quale società farmaceutica allora lo starebbe facendo per produrre il vaccino contro SARS-CoV2?

Esistono studi dove si vede nei pazienti una «RNA polimerasi RNA dipendente (RdRp)»? Ovvero, persone con un Organismo in grado di copiare in automatico i nostri RNA, senza dover fare invece più trascrizioni del DNA, attraverso l’uso esclusivo dell’enzima RNA polimerasi?

Queste domande non sono solo farina del nostro sacco, ma le abbiamo raccolte dai vari esperti ed esperte interrogati sul tema. Ci scusiamo quindi se vi sembreranno un po’ ostiche. Ma la risposta, ammesso che esista, ce la aspettiamo da tutti gli esperti che usano il principio di autorità come unica base delle loro affermazioni controverse. Infine, sarebbe molto più interessante averne una attraverso degli studi scientifici, in alternativa ai soliti slogan dati in pasto ai media. 

Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English)

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