Vaccino anti-Covid, dopo gli intoppi di Astrazeneca e Sanofi all’Italia non servono ipotesi ma un vero piano B

Il commissario Arcuri ha parlato di una richiesta ulteriore all’azienda americana Moderna mentre il ministro Speranza ha affermato che l’Italia dovrebbe avere comunque «una copertura sufficiente» anche senza Sanofi

Quello che permetterà al piano vaccinale italiano di funzionare nelle modalità e nei tempi stabiliti è il perfetto ritmo di una gara a staffetta. La chiave per ogni partecipante sarà quella di cominciare a correre al momento giusto, garantendo un passaggio di testimone rapido e puntuale. Nella staffetta dei vaccini anti Covid pronti a scendere sulla pista italiana però comincia a essere chiaro che qualcosa potrebbe andare storto.


Rischio di intoppo a quota 2

L’ultima notizia di un sicuro ritardo da parte di Sanofi, una delle aziende produttrici inserite nel piano vaccinale del Paese, ha già portato a quota 2 gli ufficiali rischi di intoppo. Il piano del commissario all’emergenza Domenico Arcuri, insieme al ministro della Salute Speranza, aspettava dall’azienda francese circa 20 milioni di dosi nel giugno 2021. Altre 20 nella seconda metà dello stesso anno. Dalla formula non ancora autorizzata dall’ Ema, sarebbe dipeso quindi circa il 20% delle dosi complessive previste dal Piano vaccini italiano, per un totale di 40 milioni di fiale sulle 202 milioni programmate in tutto. A oggi il condizionale però è d’obbligo: il ritardo previsto andrà dai 3 ai 6 mesi, con il risultato del probabile arrivo delle dosi Sanofi in Italia non prima del 2022.


Il calendario per le dosi che non verrà rispettato

Un bel problema se insieme ad Astrazeneca e Johnson & Johnson, la formula candidata di Sanofi avrebbe dovuto assicurare una delle più alte quantità di fornitura accordata:

  • Johnson & Johnson: 53,84 milioni di dosi;
  • Astrazeneca: 40,38;
  • Sanofi: 40,38;
  • Curevac: 30,285;
  • Pfizer/Biontech: 26,92;
  • Moderna: 10,768

Alla luce dell’elenco generale dei protagonisti del piano italiano, questi sono i tempi specifici previsti inizialmente dal governo per l’anno 2021:

PRIMO TRIMESTRE 2021:

  • Astrazeneca: 16.155
  • Pfizer: 8.749
  • Curevac: 2.019
  • Moderna: 1.346
  • Johnson & Johnson: 0
  • Sanofi: 0

SECONDO TRIMESTRE 2021:

  • Astrazeneca: 24,225
  • Pfizer: 8.076
  • Curevac: 5.384
  • Moderna: 4.711
  • Johnson & Johnson: 14.806
  • Sanofi: 0

TERZO TRIMESTRE 2021:

  • Astrazeneca: 0
  • Pfizer: 10.095
  • Curevac: 6.073
  • Moderna: 4.711
  • Johnson & Johnson: 32.304
  • Sanofi: 20.190

QUARTO TRIMESTRE 2021:

  • Astrazeneca: 0
  • Pfizer: 0
  • Curevac: 8.076
  • Moderna: 0
  • Johnson & Johnson: 32.304
  • Sanofi: 20.190

Per il primo periodo del 2022 le cose secondo il Piano sarebbe dovute andare invece così:

PRIMO TRIMESTRE 2022:

  • Astrazeneca: 0
  • Pfizer: 0
  • Curevac: 8.076
  • Moderna: 0
  • Johnson & Johnson: 0
  • Sanofi:0

Come si evince dal confronto tra la descrizione in termini di dosi dei prossimi trimestri e le notizie degli ultimi giorni, se – nel caso di Sanofi – potremmo vedere ormai i 40 milioni di fiale previste solo nel 2022 (anno in cui, secondo l’elenco fatto, la diffusione del vaccino francese sarebbe dovuta già terminare da mesi), anche per Astrazeneca non va meglio. Le 16 milioni di dosi del vaccino di Oxford attese tra gennaio e marzo non riusciranno ad arrivare in tempo, così come i 24 milioni tra aprile e giugno. Un ritardo che stavolta riguarderebbe proprio le prime battute della campagna e che fa ancora più terra bruciata attorno a Pfizer e Moderna, attualmente i candidati più rispettosi delle tempistiche promesse.

Guardando lo schema e i ruoli pensati per ogni trimestre, va da sé che i timori di un mancato passaggio di testimone in corsa sembrano più che mai fondati. A parità di quantità, le due aziende attualmente più in ritardo nella futura consegna di dosi sono entrambe nei posti più alti della classifica delle forniture e quindi destinati al raggiungimento delle maggior parte della copertura della popolazione a cui si mira per la nota immunità di gregge. Un ritardo quindi che non è certo da considerare secondario rispetto ai 6,4 milioni di persone con priorità in Italia. La copertura di massa è un elemento fondamentale per riuscire a rendere davvero efficace quella che il ministro della Salute continua a descrivere come la campagna vaccinale più grande della storia.

Il vero piano B: arrendersi a meno vaccini?

Quelli di cui si parla sono rallentamenti che alcuni degli esperti definiscono del tutto naturali per sperimentazioni così complesse. Ma uno dei punti non secondari è che in un Paese attualmente classificato al primo posto in Europa per il numero di vittime Covid, ciò che viene concesso alla scienza non può allo stesso modo essere concesso a un piano organizzativo già ormai ampiamente diffuso e annunciato. Ancor di più se il rischio di cui si parla non è solo di un rallentamento ma anche di un più definitivo impoverimento della squadra messa in campo. Ultimo eloquente esempio è quanto accaduto all’ex candidato vaccino australiano nelle ultime ore: fermato in modo definitivo per aver stimolato anticorpi che falsificherebbero un eventuale test dell’Hiv.

Ma se la scienza è chiamata a trovare evidenze e non piani B, il piano vaccinale governativo non può essere ipotizzato senza strade alternative. A questo proposito il commissario per l’emergenza Arcuri ha parlato di una richiesta ulteriore all’azienda americana Moderna. «L’Europa ha concordato con Moderna la possibilità di raddoppiare da 80 a 160 milioni le dosi da destinare al nostro continente», ha detto, riferendosi alle notizie dei ritardi annunciati nelle ultime ore e facendo intendere dunque un’ulteriore fornitura da ricevere anche in Italia.

Il coniglio da tirare fuori dal cilindro sarebbero dunque le fiale in più che Moderna dovrebbe garantire. Se questo sia davvero sufficiente per poter parlare di un vero e proprio piano B, come ha fatto Arcuri, è tutto da vedere: anche per Moderna sono attese infatti le valutazioni da parte di Ema, l’ente regolatorio europeo, e non riusciremo a sapere nulla sull’effettiva efficacia prima del 12 gennaio. Le premesse ci sono, ma in una corsa non priva di colpi di scena, basare un intero piano alternativo sul potenziale di un’unica formula non ancora approvata potrebbe risultare quantomeno rischioso.

L’alternativa al “Piano B” preannunciato da Arcuri sarebbe al momento quella dichiarata da Speranza nelle ultime ore. La riunione del ministro con le singole Regioni ha avuto come tema principale proprio il numero di vaccinati da stabilire per ogni territorio. E forse non proprio a caso, visto le ultime difficoltà nel far tornare i conti con le dosi in arrivo. «Con le dosi che attendiamo da tutte le altre aziende, anche senza Sanofi, l’Italia dovrebbe avere comunque una copertura sufficiente» ha aggiunto Speranza. Un “poco male” più che un piano B, e anche tutto al condizionale, visto le autorizzazioni ancora tutte da verificare per la maggior parte dei candidati considerati dal Piano di copertura. Rimane da capire se dover decidere anche un piano B per il piano B.

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