Papa Francesco

Ansa/Luca Zennaro | Papa Francesco all’arrivo all’aeroporto internazionale di Budapest, Ungheria, 12 settembre 2021

Jorge Mario Bergoglio è il 266esimo Papa della Chiesa cattolica: salendo al soglio pontificio il 13 marzo 2013 ha scelto di darsi – per la prima volta nella storia vaticana – il nome di Francesco. Un omaggio a San Francesco d’Assisi dal duplice valore: quello di riferimento alla scelta per eccellenza della povertà e della cura dei bisognosi – tratto distintivo del suo pontificato – e quello di rafforzamento del legame ideale con l’Italia, di cui è primate in quanto Papa e di cui San Francesco è patrono. Bergoglio è il primo pontefice proveniente dal continente americano, il primo espressione dell’ordine dei gesuiti, ed il primo ad aver convissuto con un altro Papa, seppure emerito: Joseph Ratzinger alias Benedetto XVI, che abdicò, venutegli a mancare le necessarie forze, il 28 febbraio 2013. Fautore di importanti passi in avanti dottrinali sul terreno dei temi etici e sociali – dalla visione dell’omosessualità al ruolo delle donne nella Chiesa – Papa Francesco è stato ed è per questo avversato da un fronte conservatore e da quello reazionario, tanto all’interno del mondo cattolico quanto nel più ampio universo politico. Colpito negli ultimi anni da alcuni acciacchi di salute – in particolare un problema a un ginocchio – Francesco ha sin qui sempre smentito le voci di sue possibili dimissioni: almeno «per il momento».

Le origini italiane e il cursus honorum in Argentina

Jorge Maria Bergoglio è nato il 17 dicembre 1936 a Buenos Aires, primo di cinque figli di una coppia di origini italiane. Il padre Mario era un funzionario delle ferrovie, la madre Regina Maria casalinga: originari dell’astigiano, salparono nel 1928 da Genova alla volta dell’Argentina in cerca di fortuna. Dopo aver conseguito il diploma di perito chimico e aver svolto alcune esperienze lavorative – da addetto alle pulizie e da buttafuori – Bergoglio segue la vocazione spirituale entrando in seminario all’età di 21 anni: svolge il noviziato con i gesuiti tra l’Argentina e il Cile, ricevendo l’ordinazione presbiterale nel 1969. Insegna per diversi anni in collegi e università, sino a diventare rettore della Facoltà di teologia e filosofia di San Miguel. Nel 1986 è nominato direttore spirituale della chiesa della Compagnia di Gesù a Cordoba. Nel 1992 torna nella capitale, nominato da Papa Giovanni Paolo II vescovo ausiliare. Il 28 febbraio 1998, alla morta del cardinale Antonio Quarracino, diventa arcivescovo di Buenos Aires. Tre anni dopo Wojtila lo crea cardinale. Come tale entra a far parte negli anni seguenti di una serie di importanti dicasteri della Curia romana, come il Pontificio consiglio per la famiglia, la Congregazione per il clero e quella per il culto ed i sacramenti. Considerato «papabile» già dopo la morte di Giovanni Paolo II, nel 2005, Bergoglio emerge come nuova guida della Chiesa dal successivo Conclave, quello indetto a marzo 2013 dopo le dimissioni a sorpresa di Benedetto XVI. «Fratelli e sorelle, buonasera! Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo», è il celebre saluto che il nuovo Pontefice rivolge alla folla riunita ad acclamarlo in piazza San Pietro, a significare lo stupore per la scelta del primo Papa (sud)americano.

Povertà, immigrazione, ambiente: le battaglie di Francesco

Il papato di Bergoglio si distingue – specie dal precedente dello studioso, «tradizionalista» Ratzinger – per l’attenzione agli ultimi, agli emarginati, anche tramite uno stile comunicativo estremamente semplice, in grado di arrivare a tutti, e uno stile di vita «esemplare» per la sua modestia. Sin dalla prima benedizione impartita, rifiuta di indossare i paramenti più ricercati dell’abbigliamento papale, e soprattuto sceglie di andare ad abitare nella semplice residenza di Casa Marta anziché nel tradizionale appartamento papale del Palazzo Apostolico. Tra i suoi primi viaggi è quello, a luglio 2013, sull’isola di Lampedusa, luogo simbolo del dramma delle migrazioni e porta europea di quel Mediterraneo divenuto mare di morte per migliaia di disperati. Lanciandovi simbolicamente una corona di fiori, da lì Papa Francesco indica i tratti distintivi della sua predicazione al mondo contemporaneo, denunciando gli effetti deleteri della «globalizzazione dell’indifferenza» e della «cultura dello scarto».

Oltre che per i migranti, l’attenzione di Bergoglio è comunque più in generale per tutti gli emarginati rispetto a quella distribuzione ineguale delle ricchezze da lui a più riprese denunciata. Una preoccupazione d’altra parte insita nel nome stesso scelto per il Pontificato, quello di Papa Francesco, in omaggio al santo di Assisi. «È per me l’uomo della povertà, l’uomo della pace, l’uomo che ama e custodisce il creato. Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!», spiega Bergoglio sin dalla sua prima udienza pubblica. Celebri, a dar corpo all’attenzione agli «ultimi», alcuni suoi gesti pubblici, come la lavanda dei piedi dei detenuti che compie ogni anno nel Giovedì Santo che precede la Pasqua. Il legame che unisce tra loro tutti gli uomini, d’altra parte, è per Francesco quello della fratellanza: anche al di là delle frontiere tra confessioni religiose, come argomenta Bergoglio in una delle tre encicliche del suo Pontificato, Fratelli tutti (2020). La precedente, Laudato sì (2015), è dedicata invece ad un altro tema a cuore a Francesco e alla sua predicazione, quello della «cura del creato», in termini laici della tutela dell’ambiente: Bergoglio vi teorizza la necessità di una «ecologia integrale».

Le aperture dottrinali e la piaga degli abusi

Le posizioni dottrinali di Papa Francesco sono in linea con quelle tradizionali della Chiesa sui temi etici legati all’inizio e alla fine della vita: l’aborto, definito senza mezzi termini «omicidio», e l’eutanasia, rubricata anch’essa a sintomo di una pericolosa «cultura della morte». Chiara anche l’attenzione di Bergoglio all’importanza della famiglia: quella, a scanso di equivoci, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. Ciononostante su altri terreni nel corso del suo papato Francesco invia messaggi di apertura sul fronte dei diritti. Riflettendo sull’omosessualità, si chiede pubblicamente pochi mesi dopo la sua elezione al soglio pontificio: «se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?». Piuttosto chiaro sembra tuttavia il giudizio del Vaticano sul diplomatico francese Laurent Stefanini, respinto come ambasciatore presso la Santa Sede nel 2015 a causa della sua omosessualità. In diverse occasioni Papa Francesco ha espressioni posizioni aperturiste rispetto al ruolo delle donne all’interno della Chiesa, sino a dichiarare nel 2022 di voler nominare due donne nel dicastero della Curia incaricato di selezionare i nuovi vescovi.

La questione etica, oltre che d’immagine, più spinosa per la Chiesa odierna è però certamente quella della piaga interna della pedofilia e degli abusi su minori. Su questo tema, Bergoglio ha ribadito più volte il proprio impegno, e nel 2014 ha chiesto pubblicamente perdono per il male inferto da «alcuni sacerdoti» attraverso gli abusi sessuali compiuti su bambini. Nello stesso anno, ha istituito la Pontificia commissione per la tutela dei minori. A livello pratico, ha fatto seguito a tali passi la riforma delle procedure interne alla Chiesa in caso di presunti abusi varata nel 2019: ogni caso sospetto, prevedono le nuove regole, deve essere denunciato da parte dei superiori del clero alle competenti autorità civili e religiose, pena la punibilità per omissione. L’azione del Vaticano sotto Francesco è stata giudicata ciononostante insufficiente a combattere la piaga degli abusi da parte di alcune delle vittime o degli attivisti, che hanno negli anni lamentato la mano tutt’altro che dura nei confronti di alcuni alti membri del clero accusati di aver attuato o protetto abusi – come il cardinale americano Bernard Law (di cui officiò i funerali nel 2017), i diplomatici e monsignori Józef Wesołowski e Carlo Alberto Cipolla (richiamati a Roma così da evitare loro delicati processi oltreoceano) o ancora l’arcivescovo di Sidney George Pell.

Da Emanuela Orlandi al cardinale Becciu: gli scheletri nell’armadio vaticano

Assumere la guida della Chiesa significa anche fare i conti con i tanti casi oscuri accaduti negli ultimi decenni in Vaticano, e con le trame ordite da enti o personaggi talvolta opachi che vi si muovono. Negli anni del suo pontificato, Bergoglio ha indicato alle autorità vaticane la via della trasparenza. O per lo meno ci ha provato. Esemplare in questo senso la linea adottata da Papa Francesco sul caso di Emanuela Orlandi, la figlia di un commesso della Prefettura della Casa pontificia scomparsa il 22 giugno 1983 all’età di 15 anni. Nella nebbia fitta che da allora circonda il destino della ragazza, non senza voci e sospetti mai confermati su responsabilità o connivenze del Vaticano stesso, Bergoglio ha chiesto all’inizio del 2023 di provare a riaccendere una luce, ordinando l’apertura di una nuova inchiesta. «In questi giorni ricorre il quarantesimo anniversario della scomparsa di Emanuela Orlandi: desidero esprimere vicinanza ai familiari, soprattutto alla mamma, e assicurare la mia preghiera. Estendo il ricordo a tutte le famiglie che recano il dolore per una persona cara scomparsa», ha poi detto Francesco all’Angelus di fine giugno 2023. Parole inedite di un Pontefice apprezzate da chi si batte da sempre per la verità su Emanuela: il fratello Pietro, per il quale si sono aperte le porte del tribunale vaticano guidato dal procuratore Alessandro Diddi, nell’attesa – sin qui vana – dell’agognata svolta giudiziaria.

Tra le vicende che creano imbarazzo nella Chiesa sono anche le operazioni in passato controverse compiute dall’Istituto per le opere religiose (Ior), banca interna al Vaticano. Per fare luce sulle sue attività, Francesco ha istituto pochi mesi dopo la sua nomina a Papa (giugno 2013) un’apposita «Pontificia commissione referente». Tra i casi di (presunte) malversazioni finanziarie che hanno segnato gli anni del suo Pontificato, in particolare, ci sono in particolare quelle al cui centro sarebbe il cardinale Giovanni Angelo Becciu. Dalla distrazione di fondi destinati all’Obolo di San Pietro sino alla compravendita-truffa di un palazzo di proprietà vaticana nel centro di Londra, le iniziative finanziarie di cui è accusato Becciu hanno fatto infuriare Papa Francesco, che non gli ha fatto sconti. Già nel settembre 2020, lo ha sollevato dall’incarico di prefetto della congregazione dei Santi e gli ha tolto i i diritti legati al cardinalato. Quindi ha voluto l’istruzione di un processo rigoroso sull’affare londinese costato alle casse circa 400 milioni di euro da parte della giustizia vaticana, che a luglio 2021 ha rinviato a giudizio il cardinale Becciu per i reati di peculato, abuso d’ufficio in concorso e subordinazione di testimoni. Il 27 luglio 2023, il promotore di giustizia d’Oltretevere Alessandro Diddi ha chiesto per Becciu la pena di 7 anni e 3 mesi di reclusione, 10.329 euro di multa, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e la confisca di 14 milioni di euro. «Vuole la mia morte: non pensavo arrivasse a questo punto», si è lasciato andare Becciu, alludendo a Papa Francesco, in una chat privata.

Guerra e pandemia: l’impegno sulle tragedie dell’epoca

Nel solco della tradizione vaticana, Papa Francesco ha sempre denunciato l’insensatezza della guerra e richiamato i potenti della Terra a fare di tutto per porre fine alle assurde sofferenze che essa provoca. I suoi appelli si sono concentrati nei primi anni di Pontificato soprattutto sulle sofferenza della Siria, terra martoriata da una devastante guerra civile. Quindi, negli anni più recenti, sulla guerra in Ucraina: Francesco ha espresso più volte ferma condanna per l’invasione lanciata nel febbraio 2022 da parte della Russia e piena solidarietà con le sofferenze del «martoriato popolo ucraino», e al contempo non ha mai smesso di fare appello per l’apertura incondizionata di negoziati per raggiungere la pace. Obiettivo questo per il quale il Papa ha nominato nel maggio 2023 un suo «inviato speciale», nella persona del presidente della Cei Matteo Zuppi, incaricato di ascoltare e dialogare con tutte le parti interessate per favorire ogni utile iniziativa diplomatica. Storica, nel Papato di Francesco, anche la predicazione ad un mondo travolto e sconquassato dal dilagare del Covid-19: il 27 marzo 2020, a poche settimane dalla proclamazione della pandemia, Bergoglio pregò per la cessazione delle relative sofferenze in una piazza San Pietro deserta. Pochi mesi dopo, a novembre, richiamò alla solidarietà di fronte al virus e a tutte le altre «pandemie nascoste» dell’umanità in un op-ed sul New York Times, il primo nella storia firmato da un Pontefice. E una volta validati e messi a disposizione della popolazione i vaccini anti-Covid, Bergoglio testimoniò pubblicamente in favore della vaccinazione, definita «un atto d’amore» e «un obbligo morale».

Gli acciacchi dell’età e le voci sulle dimissioni

Al giovane Bergoglio fu asportata all’età di 21 anni la parte superiore del polmone destro a seguito di una grave polmonite: condizione questa che tuttavia non gli ha mai comportato problemi nel corso della sua successiva vita personale ed ecclesiale. Ad infastidirlo negli ultimi anni sono invece alcuni problemi ad un ginocchio, derivanti da una frattura ai legamenti. A causa di ciò dal 2022, dopo essersi appoggiato sempre più di frequente al bastone, Francesco ha dovuto accettare di muoversi spesso su di una carrozzina. A luglio 2021 il Papa ha dovuto sottoporsi a un intervento per l’asportazione di una parte del colon a causa. Nella primavera 2023 è poi stato ricoverato, sempre al Gemelli di Roma, prima per una bronchite infettiva, poi per un intervento di laparotomia. Gli acciacchi dell’età e gli interventi e controlli necessari hanno spinto alcuni nel corso degli ultimi anni ad ipotizzare (e nel caso dei suoi oppositori a sperare) la possibilità che Francesco emuli il suo predecessore, rassegnando le dimissioni da Pontefice. Bergoglio stesso ha tuttavia smentito ufficialmente tale intenzione, dichiarando di non averlo «mai avuto in mente, per il momento», pur precisando di non escludere la possibilità di compiere una simile scelta il giorno in cui si dovesse render conto di non essere più in grado di guidare adeguatamente la Chiesa.

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