Una sera su Tinder durante la quarantena. Come il coronavirus sta cambiando le dating app

Bisogna stare a casa, lo sappiamo. E che succede se gli unici luoghi d’incontro diventano la tratta di una corsa e la fila all’Esselunga?

Andrea ha 32 anni e non è il tipo di persona a cui va di perdere tempo. «Sto cercando qualcosa di serio», scrive rapidamente sulla chat di Tinder. «Se sei d’accordo, passami il tuo nickname di Telegram». La sua foto ha tutte le carte in regola per guadagnarsi qualche match facile. Occhiali da sole scuri, fisico asciutto, capello fatto. Dico che per iniziare qualcosa di serio forse sarebbe utile incontrare l’altra persona almeno una volta dal vivo. «Sei pazza?», risponde. «Non si può uscire. Bisogna stare a casa. Il più possibile».


Stefano di anni ne ha 28 e su Tinder c’è da appena qualche settimana. «La mia solita fortuna», scrive tra qualche risata «Non potevo scegliere momento peggiore…». I puntini di sospensione lo fanno sembrare un po’ impacciato, ma forse la verità è che ha in mente qualcosa di grosso e non sa come dirlo. «Ehi, in che zona hai detto che abiti?», chiede all’improvviso. «Pensavo che…magari…potremmo vederci al supermercato». Silenzio. «Qui vicino a me ci sono due Esselunga e un Pam». Ancora silenzio. «Ma non devi preoccuparti: ci conosciamo, ma rispettando le distanze».


Sono passati 11 giorni dall’inizio della quarantena da coronavirus in Italia. Quando a essere chiuse erano solo le scuole e le università, le strade di Milano sembravano essere tornate il luogo di ritrovo preferito dai giovani. Con la primavera arrivata in anticipo, tenendo le finestre aperte si riuscivano quasi a sentire i discorsi e le risate provenienti dai bar. A pensarci oggi sembra impossibile mettere a fuoco tutta quella leggerezza. E sembra impossibile credere che ci sia stato un tempo in cui ci si incontrava con sconosciuti incrociati su Tinder, gli si dava la mano, li si invitava a casa.

Secondo alcune analisi uscite recentemente, le misure di isolamento non hanno fatto bene all’app d’incontri più usata tra i giovani. Nessun incasso da record, un rallentamento tra i download e un freno sul fatturato. Ma nonostante il down fisiologico, non è arrivato il flop totale: contando anche febbraio, l’applicazione è stata scaricata 229mila volte, con un incremento anno su anno del 46% nel primo bimestre. In fondo, per chi fa un lavoro comune – ancor più se lo fa da casa – tentare qualche match la sera sembra essere ancora una valida alternativa ai classici social network e all’ennesima serie Tv su Netflix.

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Metti la tua tuta migliore

«Ciao, bella foto. Dov’eri? Bei tempi quando si poteva uscire!». Alberto ha 29 anni. È originario di Salerno ma sono anni ormai che vive a Milano. Da quando è iniziata la quarantena le uniche cose che fa sono lavorare e mangiare. «A dire il vero ogni tanto mi concedo una corsetta, finché si può», scrive. Quando capisce che ha davanti a sé un’altra runner, prova a buttarla lì: «E in quale zona vai di solito? Ho appena sentito al Tg che si può continuare a fare sport. Magari ci si incrocia».

Prescindere dal discorso quarantena è praticamente impossibile. Ma le tre parole chiave di Tinder sono chiare: match, chat and date. Fai un match, parla quanto basta per capire se l’altra persona è interessante, organizza un incontro. Se manca l’ultima, le carte in tavola cambiano la partita. Ma non per questo la sospendono: ripensare insieme la socialità è un modo per non abbandonarsi alla solitudine.

«Come prima cosa volevo chiederti: come ci si può conoscere in questo periodo di quarantena? :-)». La domanda di Francesco è difficile. «Si potrebbe fuggire di notte. Secondo Tinder non abitiamo lontani». Lo scrive di getto e non ci vuole molto prima che torni sui suoi passi. «Ma no, che dico», si corregge. «Mi sono ricordato che sono vietati gli spostamenti tra abitazioni». A dispetto di quanto detto da Ghebreyesu durante il solito briefing dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, parrebbe che tra i giovani non ci si senta più così invincibili. «Al massimo possiamo fare jogging nella stessa zona? Certo non che abbia una bellissima tuta. Anzi, la mia è davvero brutta».

«A quale Carrefour vai di solito?»

Prima che tutti gli esercizi che non vendono beni di prima necessità venissero chiusi, Lorenzo faceva il barman. Un mese fa aveva avuto l’occasione di tornarsene in Sicilia, l’isola da dove viene, ma per qualche motivo ha perso l’attimo e ora passa le giornate con il suo cane nell’appartamento milanese. «Beh, ogni tanto vado a fare la spesa. Dammi il tuo indirizzo di Carrefour!», scrive nella chat.

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Quando capisce che un incontro di persona, anche fosse in fila al supermercato, comporterebbe una conoscenza dal vivo non “a un metro di distanza”, fa un passo indietro. «A parte gli scherzi.. bisogna rispettare la quarantena», scrive. I suoi modi sono affabili, quasi a non voler rischiare di sembrare un burbero o bacchettone. D’altronde la quarantena non durerà per sempre, e un buon match non capita tutti i giorni. «Ho degli amici che per un po’ hanno continuato a vedersi con delle ragazze, ma questo era prima della chiusura totale. Prima che capissimo tutti la gravità della faccenda. Ora non è proprio il momento di scherzare. Capisci cosa intendo, no?».

Per quanto Tinder resti una dating app, l’impossibilità di vedersi dal vivo non sembra essere poi così tragica. «Non c’è bisogno di incontrarsi per conoscersi meglio», scrive Lorenzo. «Hai qualche social? Magari usi Telegram?». Telegram è una piattaforma di messaggistica istantanea che ha diversi vantaggi rispetto a WhatsApp. Oltre a essere più “segreta” (o così è la percezione comune), consente l’autodistruzione di foto e video, e permette di chattare dal telefono senza doversi scambiare il numero. «Basta che mi dai il tuo nickname e possiamo parlare. Ci mandiamo qualche audio magari, mi fai vedere qualche altra foto». Nell’era delle grandi distanze e della tecnologia, il semplice sexting (e cioè il sesso tramite chat) non è per forza un’alternativa di seconda mano. Anzi, a volte sembra essere quasi più ricercato. Di certo più sicuro.

Secondo l’ultimo bollettino della protezione civile a Milano i casi di contagio sono circa i 1550. Da qualche giorno il presidente della giunta lombarda Attilio Fontana e l’assessore al Welfare Giulio Gallera hanno iniziato a dire che «i milanesi non hanno capito che il coronavirus è una cosa seria», e che le misure restrittive devono essere inasprite. Hanno chiesto al governo di chiudere tutto nel weekend, anche i supermercati, e di poter schierare l’esercito nelle strade per aumentare i controlli.

Adesso sono le prime ore della sera e fuori dalla finestra – un sesto piano in zona Dateo – non si vede nessuno. Nelle zone più residenziali non si ci sono nemmeno più gli anziani in fila per la spesa, mentre nelle piazzette resistono i soliti senzatetto a cui la quarantena ha cambiato poco o niente. Sulla metro sale qualche lavoratore, così pochi che ogni vagone è semivuoto. Al telefono con altre persone, si chiedono come faranno a superare tutto questo. Intanto in chat Leonardo, un ventiseienne di Milano, scrive che di vedersi non se ne parla, ma che tra qualche minuto sarà live sul suo profilo Instagram per suonare due o tre canzoni. «Se vuoi variare un po’ la tua quarantena ci si vede lì».

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