Doveva succedere, prima o poi: sono colleghi di vecchia data e la loro intesa va ben oltre la musica. La storia, quella del rap italiano, l’hanno in buona parte firmata loro: Jake La Furia ed Emis Killa hanno pubblicato 17, un disco con il pedigree dell’hip hop duro e crudo che li ha resi grandi, prima nelle strade delle periferie milanesi e poi sulla scena nazionale.
Il titolo, 17, è molto più del numero con il quale si identifica la sfortuna: sia Emis che Jake ce l’hanno tatuato sotto l’occhio sinistro – altro elemento che evidenzia il rapporto fraterno tra i due – e i tre figli che hanno avuto dalle rispettive compagne sono nati tutti il giorno 17. La cabala del rap italiano è servita nelle 17 tracce che sono altrettanti spaccati della società. La strada, la violenza, la droga sono elementi che i due, benché ormai distanti dalla periferia nella quale sono cresciuti, rievocano con la stessa intensità del passato.
Già dalle prime barre del disco si capisce che Emis e Jake, a differenza di molti colleghi, non hanno voluto concedersi alla moda dilagante delle sonorità trap: «Qui non si trappa», cantano. Poi, off the records, Jake dice: «Non credo che la trap sia la morte del rap o qualcosa che faccia male alla musica. Semplicemente, buona parte del mondo trap non è interessato a fare musica, ma business». L’album, pubblicato il 18 settembre, strizza comunque l’occhio a diverse influenze underground: ci sono feat con Salmo, Fibra, Lazza, Massimo Pericolo e Tedua ad arricchire la tracklist.
Tra i produttori, inoltre, spiccano celebrità nazionali e internazionali: Boss Doms – il producer baciato sul palco di Sanremo da Achille Lauro per intenderci -, Big Fish, Chris Nolan, Low Kidd, 2nd Roof, X-Plosive, Abaz, Dat Boi Dee, Kide Caesar e Young Satana. I rapper stanno già organizzando un tour per portare il disco in giro per l’Italia, «ma – conclude Jake, già soddisfatto per l’eco dell’uscita dell’album – siamo nelle mani del Covid».
Montaggio: Vincenzo Monaco
Seconda camera: Luca Petruzzella
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