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Le bufale storiche sull’Aids e la lotta contro i negazionisti

01 Dicembre 2020 - 09:41 Juanne Pili e David Puente
Combattere l’AIDS significa anche smontare le bufale che mettono a rischio i progressi fatti fino a oggi per debellarla

Siamo nel 2020, l’anno della Covid19. Questa pandemia ci ha dimostrato, ancora una volta, come la paura e l’ignoranza su un tema possa dare il via alla diffusione di bufale e teorie pericolose per la salute pubblica. Non è la prima volta che assistiamo a una situazione del genere, anche l’AIDS è stato oggetto di falsità di ogni genere che ci portiamo avanti da qualche decennio nonostante tutti gli sforzi educativi e di prevenzione sulla malattia e contro il virus.

In questo articolo, pubblicato in occasione della Giornata mondiale contro l’AIDS, ripercorriamo le bufale e le fantomatiche teorie sulla malattia e il virus HIV, un patogeno che dalla sua scoperta è stato oggetto di propaganda politica e negazionista, da parte di chi ha voluto in tutti i modi smentire le evidenze scientifiche sul tema. Prima, però, facciamo un ripasso delle basi.

Come si trasmette l’HIV

Partiamo dalle basi, appunto. Sul sito dell’Unicef abbiamo a disposizione l’elenco delle Dieci cose da sapere sull’HIV/AIDS dove, oltre a ricordare come il virus (HIV) causi la malattia (AIDS), viene spiegato in maniera molto semplice come avviene la trasmissione:

L’HIV si trasmette attraverso lo scambio di fluidi corporei infetti, in qualsiasi stadio della malattia. Sangue, liquido seminale, secrezioni vaginali e latte materno sono fluidi che possono veicolare efficacemente il virus. La saliva non è fra questi, dunque è una falsa credenza che l’infezione da HIV possa contagiarsi tramite il bacio.

Ci sono anche dei casi specifici, come il contagio per via sessuale dove vi è un elevato scambio di fluidi corporei e lo scambio di siringhe e aghi infetti tra le persone che assumono droghe per iniezione. Capirete, proseguendo la lettura di questo articolo, perché citiamo proprio quest’ultimo mezzo di trasmissione che andrà ampiamente chiarito in merito a una bufala storica.

Consigliamo la lettura della guida Trasmissione e prevenzione dell’HIV della Lega italiana per la lotta contro l’AIDS.

«Si trasmette anche attraverso la saliva», bufala!

Come dicevamo, siamo nel 2020 e alcune dicerie sono dure a non ripresentarsi. In un articolo del 7 maggio 2020 de Il Gazzettino viene riportato l’episodio di un tunisino che avrebbe sputato in faccia a una ragazza, ma un elemento rende ancor più grottesca la vicenda (ne parlavamo a Open):

Da quel momento per la giovane vicentina e per il militare dell’Arma è iniziato l’incubo; sì, perché Rihmi risulta essere positivo al virus dell’Hiv, che si trasmette anche attraverso la saliva.

Siamo nel 2020 (repetita iuvant) e dobbiamo ricordare che l’HIV non si trasmette con la saliva come ricorda il sito dell’UNICEF e non solo. Ecco cosa riportano il Ministero della Salute (e i CDC americani, ad esempio):

L’HIV:

– non si trasmette attraverso saliva, lacrime, sudore, urine, punture di zanzare

L’articolo, ad oggi, non risulta aggiornato e prosegue – per chi lo legge – l’evidente episodio di disinformazione sull’HIV e l’AIDS.

«Carne infetta da AIDS», una bufala storica!

Una bufala particolarmente virale, circolata nel 2015, affermava che fosse stata sequestrata della «carne bovina infetta da AIDS» in tutta Italia:

Oltre 650 persone indagate tra allevatori, stalloni, veterinari e autotrasportatori. Sequestri per oltre 40 milioni di euro, ma la maggior parte delle carni macellate purtroppo è già arrivata nei nostri supermercati. Ore 05:45-L’operazione maxi sequestro messa in atto dai Nas è scattata all’alba, partendo da Torino, passando per Roma, Verona, Potenza, Brindisi, fino a Palermo. Tonnellate di carne infetta sono state sequestrate, 5 i casi di contagio, ricoverati al reparto malattie infettive del policlinico Gemelli di Roma.

Il virus si trasmette tramite i fluidi corporei infetti, il sangue è uno di questi. A questo punto il collegamento risulta plausibile con quello presente nella carne della macelleria, ma non è affatto così. Il virus colpisce solo gli esseri umani e risulta difficile che lo siano dei bovini, ma c’è un ulteriore elemento che smentisce la bufala. Ecco quanto si legge nel sito Aiuto AIDS Svizzero:

Se esposto all’aria il virus HIV muore subito. In tutto il mondo non si conoscono casi di contagio tramite una siringa abbandonata.

Non propriamente subito, come vedremo a breve, ma sta di fatto che dopo un lasso di tempo il virus non è più un problema, anche se la carne fosse cosparsa da sangue umano infetto per poi essere lavorata e trasportata. Ecco quanto riportato dal portale HelpAIDS:

Al di fuori del corpo umano l’HIV sopravvive solo pochi minuti, perché è un virus estremamente debole e poco resistente, che viene inattivato anche dall’esiccamento provocato dai raggi solari, nonchè da comuni disinfettanti, come ad esempio la varechina.

Siringhe infette nella pistola del carburante? Bufala!

Circolava nel 2017 una bufala riguardo a una siringa «infetta da HIV» nella pistola del carburante nelle stazioni di servizio. Circolata negli Stati Uniti e poi giunta in Italia, si basa su un fondamento di verità che però va contestualizzato. Come abbiamo detto in precedenza, il contagio è possibile nel caso di scambi di siringhe e aghi infetti tra le persone che assumono droghe per iniezione, ma il rischio vale per un tempo ristretto.

Come abbiamo spiegato in precedenza con la vicenda della «carne infetta», il virus dell’HIV muore a contatto con l’aria e il ritrovamento di una siringa o un ago lasciato in giro non comporta un rischio di trasmissione. Nel portale HelpAIDS sono riportate le domande degli utenti e le risposte degli esperti, consultabili e ricercabili tramite un motore di ricerca interno, e una delle tante riguarda proprio le siringhe abbandonate:

Per quanto riguarda il rischio di trasmissione attraverso il contatto con siringhe usate, così come da lei riportato, questo risulta clinicamente poco significativo, in quanto HIV è un virus poco resistente al di fuori del corpo. Tuttavia, non è possibile stabilire in maniera univoca le tempistiche di sopravvivenza del virus, in quanto dipende da molte variabili (temperatura, umidità, quantità di sangue nella siringa, ecc). Ad ogni modo è improbabile che il virus possa sopravvivere per più di 20/30 minuti.

Altre assurdità

Possiamo citare la bufala delle «banane infette da AIDS», diffusa sulla stessa scia della carne bovina, che riporta un’ulteriore fesseria: l’articolo che la mise in circolo in Italia sosteneva che il virus dell’HIV fosse un batterio (no comment).

Passiamo alla non verificata citazione attribuita a Madre Teresa di Calcutta: «L’AIDS è la giusta ricompensa per una cattiva condotta sessuale impropria». Come riporta Butac in un articolo del 2015, il primo sito italiano che la riportava la collega al discorso di accettazione del Nobel nel 1979, ma l’AIDS è stata scoperta nel 1981. Fino ad oggi, e siamo nel 2020, non vi sono prove dell’esistenza di una dichiarazione simile da parte di Madre Teresa di Calcutta.

Un’altra assurdità era circolata nel 2017 con la fantomatica «Coca Cola contaminata con l’AIDS» che venne rilanciata due volte: la prima nella sua semplicità, la seconda con un documento del Ministero della Salute che parlava di un richiamo per un lotto della nota bevanda senza alcun riferimento all’AIDS e l’HIV: il motivo riguardava un sapore sgradevole e un aspetto molto denso.

Passiamo alle cose più serie, quelle legate soprattutto alle teorie del complotto e del negazionismo.

Il virus «fuggito da un laboratorio»

Disseminare il dubbio sull’origine naturale di un virus apparso invece per zoonosi (trasmesso da una specie animale a un’altra), non è un’idea nata col SARS-CoV-2. Questo genere di argomentazioni erano sorte anche attorno al virus dell’influenza Spagnola. Se per la Spagnola le teorie di una origine artificiale – magari in un laboratorio tedesco – erano piuttosto vaghe e prive di alcuna parvenza scientifica, per l’HIV il discorso si complica, arrivando a coinvolgere anche degli scienziati veri, con la tesi che oggi definiremmo del «virus fuggito da un laboratorio», durante una sperimentazione riguardante la ricerca di un vaccino stabile contro la poliomielite. Su questa tesi avevamo scritto una articolo precedente, e torneremo su questi argomenti anche qui. 

Una nuova sindrome comparsa apparentemente dal nulla

Andiamo con ordine. Nel 1981 viene registrata dai CDC (Centers for Disease Control and Prevention) americani l’esistenza di una Sindrome da immuno-deficienza acquisita (Acquired Immune Deficiency Syndrome), definita poi con la sigla AIDS. Chi ne è affetto risulta suscettibile ad avere infezioni, che per quanto lievi nella maggior parte delle persone, potevano risultare invece mortali in questo tipo di pazienti. Effettivamente qualcosa aveva mandato in corto circuito il loro sistema immunitario.

Si comincia a ipotizzare che ne sia responsabile un virus, e puntualmente viene isolato nel 1983 da due gruppi di ricerca: quello americano di Robert Gallo, che lo chiama «HTLV-III» e quello francese di Luc Montagnier, che lo battezza «LAV». Nel 1986 si decide di chiamarlo con la sigla HIV (Human Immunodeficiency Virus). Il significato di queste sigle e la ragione per cui alla fine la paternità verrà attribuita a entrambi è piuttosto interessante, con non pochi episodi controversi. Per chi volesse approfondire ulteriormente, consigliamo il libro di David Quammen, Spillover (Adelphi, 2014). 

Malattia e stigma sociale

Gli epidemiologi riscontrano che HIV si diffonde attraverso i fluidi corporei, tranne la saliva (anche se come abbiamo visto c’è chi continua a pensare il contrario), quindi pone casualmente a rischio certi soggetti che all’epoca venivano ancora emarginati dalla società per la loro vita sessuale, come gli omosessuali. Lo stigma sociale era piuttosto marcato, a prescindere dalla sessualità. Ancora oggi è difficile farlo capire ad alcuni, che non basta vivere affianco a un siero-positivo per contrarre l’HIV. In generale i metodi contraccettivi sono sufficienti a ridurre al minimo le probabilità di contagio.

La serie di patologie correlate alla mancanza di un sistema immunitario efficiente, possono averne schermato la presenza prima degli anni ’80, inoltre non tutti sviluppano subito i sintomi. Tuttavia, c’è già chi pensa che questo virus sia stato creato appositamente, per colpire tutti quelli che avevano una vita dissoluta, fuori dagli schemi comunemente accettati, quindi avrebbe potuto essere frutto di un piano dei Poteri forti per colpire i reietti della società, ed è questo il marchio impresso presto ai malati di AIDS. 

Nato accidentalmente durante la sperimentazione di un vaccino?

Un dubbio effettivamente ha continuato a permanere per diverso tempo: da dove viene HIV? Quando ha cominciato a diffondersi? Vi sono due tipi principali di questo virus: HIV-1 e HIV-2, il primo risulta imparentato col SIV (Simian Immunodeficiency Virus) degli scimpanzé, il secondo con quello dei Cercocebus atys, e recenti studi ipotizzano che lo spillover (il salto di specie) sia avvenuto in Africa tramite l’esposizione coi cacciatori e questi Primati non umani. Per quanto mancasse ancora una datazione certa, si fa strada l’idea che questo salto dovesse essere avvenuto diverso tempo prima degli anni ’80. 

Ebbene, la spiegazione di una origine naturale non convinceva molti. Il giornalista Tom Curtis pubblica nel 1992 su Rolling Stones (non proprio una rivista scientifica) una inchiesta, dove sostiene che l’HIV avrebbe avuto origine dal SIV, durante le ricerche condotte in Congo da Hilary Koprowski, tra il 1957 e il 1960, quando somministrò un vaccino sperimentale contro la poliomielite alla popolazione locale.

Per isolare un virus e studiarlo occorre farlo moltiplicare in colture cellulari particolari (in questo modo viene appunto isolato). Alcune – come quelle usate per studiare SARS-CoV-2 – provengono da reni di determinate scimmie. Così avrebbe fatto anche Koprowski. L’ipotesi portata avanti da Curtis è che quelle colture cellulari fossero infettate anche dal SIV all’insaputa dello Scienziato.

Nel mentre la tesi trova alcuni sostenitori, come il giornalista Edward Hooper, autore di un saggio pubblicato nel 1999 dove viene esposta questa tesi, intitolato The River. Per renderci conto di quanto potesse sembrare credibile questa idea, basti pensare che solo un anno dopo si tenne un dibattito alla Royal Society, dove – dati alla mano – si scoprì che era «una bufala»: il povero Koprowski non aveva utilizzato colture cellulari provenienti dai reni di scimpanzé o Cercocebus atys; inoltre è stato possibile analizzarne dei campioni, senza trovare tracce di HIV.

L’importanza degli studi sull’origine dei virus

Intanto sono arrivati gli studi genomici, quelli che permettono di datare la filogenesi di un virus, sulla base delle mutazioni puntiformi nel codice genetico, riscontrando che HIV è emerso molto prima di quanto potessimo pensare. Nel 2014 Science pubblica un paper che ricostruisce l’origine del HIV-1.

Al solito la colpa è in parte anche nostra, ma non c’entrano oscuri esperimenti finiti male, quanto l’impatto dell’uomo nell’ambiente. Sono le grandi vie di trasporto ferroviario sviluppatesi negli anni ’60 nel Congo, agevolate dallo sfruttamento minerario, a permettere la diffusione silenziosa dell’AIDS, una malattia prima molto meno diffusa (almeno stando ai pochi dati a disposizione). HIV esisteva infatti almeno dal 1920, trasmesso probabilmente per la prima volta ai cacciatori che catturavano gli scimpanzé, lungo il fiume Sangha. Per maggiori approfondimenti su come studiare la filogenesi dei virus, datandone le tappe, suggeriamo la lettura della nostra intervista al genetista Marco Gerdol.

Gerdol rispondeva al Yan Report, che riguarda invece le tesi sul SARS-CoV-2 fuggito da un laboratorio. Questo a riprova del fatto che tutt’oggi non abbiamo ancora imparato a fare tesoro degli errori passati, né si è riusciti a divulgare decentemente i passi avanti compiuti nello studio di altri patogeni, come appunto l’HIV, dimenticando forse, che oggi grazie alle terapie esistenti (alcune delle quali prese a prestito contro il nuovo Coronavirus), i sieropositivi non sviluppano più l’AIDS e possono raggiungere la vecchiaia, con carica virale notevolmente ridotta.

Il negazionismo di HIV e AIDS

Le tesi riguardo all’inesistenza dell’HIV, o di un collegamento di questo con l’AIDS, sono numerose e variegate. C’è chi ha prodotto documentari, come House of Numbers di Brent Leung, riuscendo ad avere l’influenza sufficiente a far censurare chi lo ha smontato punto per punto, come il collega britannico Myles Power. C’è chi parla di «virus mai isolato»; un argomento che troviamo anche tra i negazionisti della Covid-19. Per ironia della sorte uno degli scopritori ufficialmente riconosciuti è proprio il già citato Montagner, dipinto spesso come paladino dei «ricercatori indipendenti» proprio dai teorici di complotto, e dai sostenitori delle Medicine alternative, contro i cosiddetti Poteri forti. Per quanto sia stato insignito del premio Nobel, continua a essere convinto delle tesi sulla presunta «memoria dell’acqua», alla base dell’omeopatia.  

Forse non a caso, qualcuno punta allora il dito solo contro un altro co-scopritore del virus, Gallo, che prese il Nobel assieme al collega francese e a Françoise Barré-Sinoussi. Il virologo americano sarebbe stato infatti indagato per frode, avendo cercato di dimostrare l’esistenza dell’HIV in maniera truffaldina. Sarà vero? No, affatto. Anche se una inchiesta per frode c’è stata davvero, ma perché Gallo avrebbe tentato di rubare la scoperta a Montagner. Tutto si è concluso in maniera bonaria, quando nel 2002 entrambi i virologi firmarono un articolo apparso su Science, riconoscendo i reciproci meriti riguardo alla scoperta; il documento si intitola «Prospettive per il futuro», i due autori riflettono sulle possibili terapie farmacologiche contro l’AIDS. Trovate una copia online su Gale Academic Onelife.

Del resto abbiamo imparato nella nostra Guida ai test diagnostici che questi rilevano porprio la presenza dello specifico virus o delle relative cellule immunitarie. La PCR in particolare amplifica proprio le tracce genomiche univoche del virus. Ad oggi è del tutto impossibile trovare nella letteratura scientifica di qualità, informazioni riguardo a persone positive all’HIV, che in assenza di terapie non abbiano manifestato di essere affetti da AIDS. Lo stesso isolamento del virus è avvenuto per la prima volta, come abbiamo visto, quasi in contemporanea da parte di due team diversi, che inizialmente non conoscevano l’uno il lavoro dell’altro.

Oggi le nostre conoscenze sull’HIV sono tali, che di fatto sarebbe già possibile, con la tecnica del Crispr-Cas9, far nascere dei bimbi immuni al virus. Qualcuno sostiene di averlo già fatto, ma non ci sono prove, e i rischi sarebbero ancora notevoli. Tutto questo non sarebbe minimamente pensabile senza aver prima isolato il patogeno.

Esistono anche analisi sistematiche (quindi revisioni scientifiche, le quali comparano numerose ricerche indipendenti tra loro), che non possono prescindere dalla relazione tra HIV e AIDS. Segnaliamo in particolare una del 2019, dove si studia il rischio di contrarre la malattia nelle operaie, tra il 2010 e il 2017. Questo tanto per mostrare quanto sia banale oggi la conoscenza di HIV tra gli addetti ai lavori. Ad oggi nessun ricercatore si è accorto che questo virus non esiste, o che non provochi l’AIDS. Tuttavia succede ancora in tempi recenti, che articoli utili a chi sostiene il negazionismo vengano pubblicati – e cancellati più tardi senza fare rettifica – dove si dà voce a presunti esperti, che avrebbero dimostrato l’inesistenza di una relazione tra HIV e AIDS.

Le tragiche conseguenze in chi comunque rifiuta di crederci non mancano nella cronaca. Ricordiamo il caso di Christine Maggiore, negazionista siero-positiva morta di AIDS nel 2008. Era convinta fino all’ultimo che la sua polmonite non cessasse mai per via dello stress. Ricordiamo che discorsi analoghi vengono fatti anche riguardo alla Covid-19, dovuta per esempio alla stessa «paura di ammalarsi». Il problema è che spesso a pagare sono i più innocenti, come la figlia di Maggiore. La madre continuò ad allattarla in assenza di cure adeguate, come se niente fosse, morendo così in tenera età. Per ulteriori approfondimenti suggeriamo la lettura di un articolo pubblicato dal collega Salvo Di Grazia, nel blog MedBunker.

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