Cinque serate per cinque ricordi: quando Brian Molko dei Placebo scagliò la chitarra sul palco dell’Ariston

Dito medio a favore di telecamera e un’esibizione “annaffiata” dall’alcol bevuto a fiumi nei camerini. Nessuno li aveva informati di quel salotto bene dove stavano per esibirsi. Era il 2001

Niente di eclatante per chi mastica il rock e i suoi protagonisti: non si contano le Stratocaster spaccate e gli amplificatori distrutti in corso di performance. Ma averlo fatto sul palco dell’Ariston – correva l’anno 2001, I Placebo erano tra gli ospiti internazionali – è stata certamente una notizia. «Ci siamo trovati nelle maglie di una manifestazione troppo lontana da noi». Le ragioni del gesto che allora ha fatto tanto discutere, in quel primo scorcio di nuovo secolo visto dal palco della kermesse senza tempo degli italiani, il festival di Sanremo, alla fine vengono rivelate dal diretto interessato qualche tempo dopo.


«La reazione di disgusto che il pubblico del teatro ha avuto al nostro ingresso in scena, aggiunta all’alcol che avevamo bevuto in gran quantità nei camerini, ha provocato il resto», racconta Brian Molko, classe 1972, frontman del gruppo musicale, qualche tempo dopo. Non erano stati avvisati di che tipo di pubblico si sarebbero trovati davanti, spiega. Secondo altre ricostruzioni, invece, i Placebo erano stati informati della fenomenologia del palco su cui stavano per esibirsi, e la provocazione non sarebbe stata frutto di un colpo di testa improvviso.


Il video

Per la generazione degli anni ’80, i Placebo, nati nel 1994, erano tra i protagonisti del rock, di una scena che ormai stava però scemando e scivolando verso il pop (non sempre della migliore specie) dopo i fasti dei leggendari gruppi. Vedere il corpo magro ed efebico di Brian Molko scagliare contro un amplificatore la sua chitarra, tra un dito medio e uno sguardo di sfida nei confronti di un pubblico inevitabilmente fischiante, è stato sì controverso, ma certamente anche fuori dall’ordinario.

È l’edizione 2001 del Festival, la 51esima, condotta da Raffaella Carrà e vinta da Elisa. Sul palco con lei ci sono Megan Gale – ve la ricordate? la supermodella australiana di tutte le pubblicità dell’allora Omnitel-Vodafone, ricordata qualche tempo fa in una puntata di Techetecheté – Massimo Ceccherini ed Enrico Papi. Tra i big internazionali attesi sul palco c’è Eminem, ma i patemi che precedono la sua esibizione sono destinati a essere infondati: il rapper non è certamente un gentleman, ma sul palco non porta alcun temuto colpo di testa.

Ci pensa invece l’artista anglo-statunitense Brian Molko. I Placebo – eredi di David Bowie? Sì ma non solo, a detta loro – forti del successo del loro primo album che porta il nome della band, e poi dei buoni risultati di Without you I’m nothing e di Black Market music – arrivano all’Ariston apparentemente senza sapere cosa si sarebbero trovati davanti: il salotto buono – allora molto più di ora – della musica popolare e “istituzionale” italiana. Con un pubblico composto da persone piuttosto âgée, dentro e fuori. I Placebo portano sul palco il loro nuovo singolo, Special K, tratto da Black Market Music. L’esibizione comincia con Molko che favorisce il dito medio a favore della telecamera più vicina. «Gravity, no escaping gravity», canta.

CLAUDIO ONORATI/ANSA/FER | Il cantante dei Placebo, ospiti stranieri della serata, spacca la chitarra contro una cassa sul palco del teatro Ariston.

Il frontman, occhiali da sole e onda sul ciuffo, all’ultimo «gravityyyyy» si lascia andare: si sfila con energia la chitarra bianca e nera e inizia a scagliarla sull’amplificatore dietro di lui. Una, due, tre, volte, cinque volte, fino a che la cassa non cade e cade, e lui stesso non molla la presa della chitarra. Il pubblico comincia a urlare e fischiare. «Scemo, scemo», si inizia a sentire dalla platea, grande classico del suo genere in un Ariston che probabilmente – in effetti – non ha mai ascoltato in vita sua una canzone dei Placebo. Lui, sempre più magro, si staglia di fronte al pubblico e lo guarda con evidente sguardo di sfida, dopo un gesto stizzito. Apre le braccia. Mbè, cosa avete da dire? starà forse pensando. Poi fa un inchino arzigogolato, di evidente scherno, e se ne va.

A Megan Gale l’ingrato compito di riprendere la parola subito dopo. «Ero in camerino e non ho visto», dice Raffaella Carrà. «Ho sentito molti fischi e sono sicura che la colpa non è la vostra. Sarà qualche intemperanza del gruppo e quindi io vi chiedo scusa. Forse nascosto dietro alle vesti di Brian c’era Eminem, che è stato invece tranquillissimo», ride.

In copertina elaborazione grafica a cura di Vincenzo Monaco

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