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Sanremo 2021, Ermal Meta: «Noi facciamo musica, non salviamo vite. I lavoratori dello spettacolo meritano ascolto» – La videointervista

06 Marzo 2021 - 20:19 Maria Pia Mazza
«Mi auguro che questo Festival sia il segno di ripartenza e speranza per un mondo che è fatto di tantissime persone invisibili», ha detto il cantautore a Open

Cantare per se stesso, per una volta. Ermal Meta, in questa 71esima edizione del Festival di Sanremo, decide di portare una canzone d’amore, senza troppi fronzoli, in quello che è «l’argomento più misterioso del mondo, l’amore», con la sua Un milione di cose da dirti. Nessuna pretesa verso l’esterno, al di là della gara, al di là dei voti, al di là di tutto. La posta in gioco è più alta: riconciliarsi con se stesso e con quelle tante parole mancate che sfuggono continuamente, sino a portare al silenzio. Ma la cocciutaggine di Ermal Meta è nota. Ed è anche questo il suo punto di forza. Quando gli è stato sconsigliato di portare nella serata dei duetti e delle cover Caruso di Lucio Dalla, lui si è impuntato. E dopo la maestosa cover di Amara terra mia di Domenico Modugno portata sul palco dell’Ariston nel 2018, anche in questo caso la posta in gioco era alta: non la voglia di mettersi a confronto con Dalla, «perché il confronto proprio non esiste», ma la volontà di omaggiare la bellezza di un brano che somiglia al miele: «Una sensazione di dolcezza estrema e fortissima, ma non di qualcosa che fa male, ma fa bene». E infatti, ancora una volta, l’orchestra l’ha eletta miglior esecuzione nella serata dei duetti e delle cover. Ermal Meta non ha molte cose da chiedere per se stesso: «Sono una persona indubbiamente fortunata a fare quello che fa, ad avere un pubblico che mi ascolta, ed è un grandissimo privilegio. Mi auguro che questo Festival sia il segno di ripartenza e speranza per il mondo della musica e per il mondo dello spettacolo, che è fatto di tantissime persone invisibili, che meritano la giusta attenzione e il giusto modo per portare avanti il lavoro che è fondamentale per tutti noi, e soprattutto per le loro vite. Noi facciamo musica, non salviamo vite. Ci sono tante persone che lavorano in questo settore: meritano ascolto».

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