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Cinque serate per cinque ricordi: quando Andreotti permise a Celentano di cantare

08 Febbraio 2020 - 12:37 Valerio Berra
Adriano Celentano aveva 23 anni, Giulio Andreotti ne aveva 42 ma era già stato sei volte ministro

Un festival che vorremo dimenticare al più presto. Così l’Osservatore Romano titolava il resoconto dell’11° edizione del Festival di Sanremo, quella che venne organizzata nel 1961, quando ancora tutte le esibizioni avvenivano nel Salone delle Feste del Casinò della città ligure. Una scomunica ufficiale insomma, per i testi troppo sciatti e per le performance troppo rock. Fra queste, sicuramente, quella di Adriano Celentano che la sera del 27 gennaio durante la sua 24mila Baci si volta e offre le spalle al pubblico. Non esattamente un movimento formale per l’epoca.

https://www.youtube.com/watch?v=KbWpGBV4KlA
Rai | Adriano Celentano canta “24mila baci”

La lettera di Andreotti che ha permesso a Celentano di essere a Sanremo

Quello del 1961 è rimasto nella storia della televisione italiana anche per essere stato il primo Festival di Sanremo a diventare protagonista di un’interrogazione parlamentare: il motivo era l’assenza della Rai nelle decisioni che riguardavano l’organizzazione del Festival.

Giuliandreotti.org | Giulio Andreotti insieme al presidente della Repubblica Giovanni Gronchi presenzia nelle acque di Gaeta alla cerimonia per commemorare i cento anni della Marina

Il presidente del consiglio era Amintore Fanfani, leader della corrente Iniziativa Democratica della Democrazia Crisitiana. Il suo ministro della Difesa era invece Giulio Andreotti, al suo settimo incarico da ministro. Era già stato ministro delle Finanze e dell’Interno.

Fu proprio lui a permettere la partecipazione di Adriano Celentano a Sanremo. All’epoca infatti il “ragazzo della via Gluck” aveva 23 anni e stava prestando servizio militare a Torino, nella caserma Morelli di Popolo. Grazie a una lettera firmata da Andreotti, il comandante della caserma concesse a Celentano una licenza speciale per partecipare al Festival.

Evidentemente, però, il molleggiato non si sentiva in dovere di ricambiare il leader democristiano rispettando la morale cattolica vigente all’epoca. E la polemica fu inevitabile.

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